Cultura & Spettacolo

L’Oman regala grandi lezioni di cultura energia e bellezza

di Francesca Caon -


I sono Paesi che si infilano nella lista dei desideri per una foto, un tramonto, un resort: e poi c’è l’Oman, che invece ti resta addosso. Non per l’effetto wow, ma per quello che ti fa scivolare dentro con gentilezza. È un luogo che non urla, non sgomita, non si mette in vetrina. Ti invita. E se accetti, impari.
Appena si atterra a Muscatsi capisce che qui le regole non sono un’imposizione, ma una forma di rispetto. È una delle città più antiche della penisola arabica, ma sembra appena svegliata da un sogno pulito: niente cartacce, niente clacson, niente caos. Le auto devono essere lavate. Sul serio: se sono sporche, scatta la multa. Può sembrare rigido, ma è solo un altro modo per dire che la bellezza si custodisce, non si esibisce.
Nel souq di Nizwa incontro Elisa Visentini, italiana, guida da otto anni e fondatrice del tour operator Elisir d’Arabia. Mi racconta di come sia venuta per lavoro e rimasta per amore. Non di qualcuno, ma del posto. “Gli omaniti sono curiosi, gentili, ospitali. C’è un rispetto che ti mette subito a tuo agio, anche se sei straniero”. E lo dice senza retorica, mentre camminiamo tra bancarelle di incenso e tessuti. Qui la vita ha un altro passo: più lento, più pieno.
Elisa mi racconta che al compimento della maggiore età, ogni cittadino riceve un pezzo di terra dal governo. “È un modo per dire: appartieni a questa terra, costruisci qualcosa che resti”. Ed è quello che molti fanno: tirano su case familiari, solide, pensate per durare. Come tutto qui.
L’Oman ha il profumo dell’incenso – che un tempo valeva come l’oro – e la forma del khanjar, il pugnale ricurvo simbolo di fierezza e identità. Ogni khanjar racconta una storia. E non è una metafora: davvero rappresenta chi sei, da dove vieni, a quale famiglia appartieni.
I paesaggi sembrano usciti da un altro pianeta: il canyon di Jabal Shams con i suoi tremila metri di silenzio; i villaggi di montagna come Misfat Al Abriyeen, dove il tempo non ha fretta. E poi i falaj, i sistemi d’irrigazione antichi riconosciuti dall’UNESCO, che portano l’acqua senza bisogno di pompe: solo gravità e intelligenza.
L’accoglienza qui è un’arte. Può essere nel lusso sobrio del Mandarin Oriental, nella regalità dell’Al Bustan Palace, o nella magia del Thousand Nights Camp, dove il deserto di Wahiba Sands ti mostra un cielo che non si dimentica.
E le donne? Guidano, lavorano, fanno sport, siedono nei ministeri. La strada verso la piena parità è ancora lunga, ma non si può dire che siano rimaste indietro. Qui la tradizione convive con la voglia di muoversi, e gli uomini – in casa – sembrano partecipare più di quanto ci si aspetti.
Mi sono trovata davanti a un luogo che non è una meta da “spuntare” su una mappa. È una lezione di misura, di grazia, di orgoglio tranquillo. L’Oman è un posto che ti insegna che la vera modernità non è correre, ma saper costruire. E che c’è più futuro in una terra che sa da dove viene.


Torna alle notizie in home