Editoriale

Litigate, insulti, odio: la sinistra in frantumi

di Dino Giarrusso -


Le scaramucce fra Marco Travaglio e Adriano Sofri non sono una novità, durano da decenni, fanno parte ormai del panorama che siamo abituati a rimirare. In questi giorni però l’ennesimo botta risposta fra i due grandi narcisi svela (caso mai ce ne fosse bisogno) un problema strutturale in seno al centrosinistra grande come un palazzo di ottanta piani. Una parte degli elettori dell’ipotetica coalizione che dovrebbe dar filo da torcere a Meloni, infatti, vede in Travaglio, nel suo giornale, nei suoi atteggiamenti, un punto di riferimento imprescindibile. Parliamo della grandissima parte degli elettori M5S e  di una minima parte di quelli di PD e AVS. Adriano Sofri, e soprattutto il Foglio, sono invece autentiche luci guida per la parte più a destra del PD, che ha in Pina Picierno una leader ormai consacrata, nonché per i cespuglietti inquieti guidati da Renzi e Calenda. Se tra queste anime diverse di una stessa coalizione vi fosse un semplice dibattito, anche animato, saremmo nella norma. Invece c’è un astio, una rabbia, una disistima profonda ed una diffidenza reciproca talmente virulenta da sfociare in odio. È rarissimo che nei confronti di esponenti del centrodestra, l’area “liberal” del PD usi gli stessi toni e lo stesso malcelato disprezzo che usa verso il M5S, Conte in testa. Del resto Gaetano Pedullà, europarlamentare del Movimento ha definito non troppo tempo fa “fascista infiltrata nella sinistra” la collega campana Picierno. A poche settimane da quel duro scontro, proprio la vicepresidente del Parlamento Europeo pensa bene dal canto suo di pubblicare un post su X dove attacca frontalmente la manifestazione del 5 aprile indetta dal M5S: “è una piazza nata per dividere” scrive, aggiungendo che la “vera dottrina dei pentastellati sulla politica estera è nei fatti uguale a quella della Lega e di Matteo Salvini”. Non carezze né critiche puntute, ma una vera e propria accusa: siete come Salvini, siete distanti da noi. Intanto vien fuori la notizia degli incontri di Picierno con IDFS, un’associazione di riservisti israeliani. È un gruppo con posizioni durissime su Gaza, persino più estreme di quelle criminali -e in piena violazione del diritto internazionale- finora messe in atto da Netanyahu, con oltre 50mila civili morti, fra i quali purtroppo vi sono circa 15mila bambini. La Picierno commenta la polemica rivendicando i suoi obblighi istituzionali e la piena legittimità (nonché  trasparenza anche formale) dell’incontro, ma a infiocinarla è proprio Travaglio, con un editoriale a lei dedicato: non è il primo e non sarà l’ultimo. I commenti dei rispettivi sostenitori sono degni di un bordo ring anni ‘70: urla da ogni parte, e incoraggiamenti a picchiare più forte per i pugili sull’impiantito. Schlein dal canto suo tace, come se tutto questo non riguardasse direttamente il partito che guida: ormai anche questi silenzi sono una tattica precisa, quasi una firma. Conte intanto prepara la piazza del 5 aprile con enorme sforzo di tempo, soldi, uomini e mezzi. A corollario di questo remake in chiave politica de “I duellanti” di Ridley Scott, ci sarebbero sempre anche Renzi e Calenda, che se proprio devono fare o dire qualcosa gettano benzina sul fuoco, vedi scontro al calor bianco Calenda-Travaglio e frecciate dei renziani di ogni risma contro qualunque sospiro pentastellato. Non aiutano nemmeno le performances di Prodi, padre nobile del centrosinistra, che una giorno tira una frecciata a Elly e l’altro i capelli a Lavinia Orefice, mettendo in imbarazzo politici e stampa a lui vicini. Questa maionese impazzita dovrebbe rappresentare una coalizione, la quale dovrebbe contendere al centrodestra la vittoria alle prossime politiche, e dunque il governo del paese. Questa squadra dove ogni tre minuti c’è qualcuno che dice “me ne vado” portandosi via il pallone e due compagni di squadra, governa insieme alcune regioni e qualche comune, e dovrebbe offrire un’alternativa a Meloni anche alle prossime regionali (Campania e Puglia vedono il CSX favorito) e comunali. Ogni sincero democratico, qualunque sia la sua idea ed il partito che sostiene, dovrebbe temere una situazione così compromessa, poiché è noto che chi governa lavora meglio se pungolato da un’opposizione forte e costruttiva, e che l’alternanza porta benefici al paese. Probabilmente non è mai successo, dal 1994 ad oggi, che ci fosse una coalizione già al governo che nel paese sembra sovrastare l’altra, la quale appare esistente solo sulla carta, ma frantumata in mille pezzi nel mondo reale e in quello mediatico.

Non è una buona notizia per nessuno, ma è la realtà, nuda e crudele.


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