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L’Italia del calcio è fuori da tutto ma il problema per Gravina è il bon ton di Mou

di Cristiana Flaminio -


L’Italia calcistica è fuori da tutto. Fuori dalle Olimpiadi, per la quarta volta di seguito. Fuori dai mondiali, per la seconda volta di seguito. Fuori dalla Nations League, che doveva rappresentare la coppa di consolazione per il calcio azzurro. E mentre è già in salita la strada verso i prossimi Europei, il presidente della Federazione Italiana Giuoco Calcio, Gabriele Gravina, tuona contro chi manca di rispetto agli arbitri. Insomma, il problema del calcio italiano – che si è smarrito da quasi vent’anni – è quello di essere maleducato nei confronti delle (ex) giacchette nere.

Gravina ce l’ha con José Mourinho. Anche se ribadisce che “la nostra federazione con la Roma ha un legame splendido e quando ci confrontiamo non parliamo mai di arbitri”. Ma, spiega il numero uno della Figc durante la conferenza stampa per le nuove nomine all’Aia: “Esistono delle regole e vanno rispettate. Non è un bel vedere, da qualunque parte la si voglia giudicare, la continua aggressione al quarto uomo per un fallo laterale”. Come se altrove, nel mondo, non andasse così. Ma il problema deve essere davvero un fardello, per Gravina, se lo stigmatizza così: “Il problema è di educazione. Se vogliamo vivere in una società civile l’educazione è fondamentale. Se poi si sente invocare di società che si devono scegliere l’arbitro allora non ci siamo”.

La dura reprimenda del capo della Figc contro Mou non è finita qui: “Gli arbitri sono la spina dorsale del calcio italiano, sono una categoria che ha sempre dimostrato grande vitalità e coerenza nella capacità di ispirarsi ai valori etici del nostro movimento. L’unica cosa su cui non ci sarà mai dialogo sarà la maleducazione e l’offesa perché noi siamo persone educate con tanti ragazzi che con la loro disponibilità permettono a questo mondo di andare avanti”. Forse il fatto che la panchina romanista sia tra le più “frizzanti” e ostiche da affrontare per gli arbitri italiani è vero. Ma gestire calciatori e tecnici rientra tra i compiti dei giudici di gara, che hanno a disposizione strumenti e regolamenti. Ma il vero problema è altrove. L’Italia, calcisticamente, è all’anno zero. È in una recessione sportiva che fa spavento. Fatto salvo l’Europeo conquistato nel 2021, non c’è nulla di esaltante in un movimento che non riesce (per due volte!) a qualificarsi ai mondiali. E l’ultima volta che ci è stata, in Brasile nel 2014, non è andata per niente bene. A livello di club non è che vada meglio. Al di là della gestione del caos Juve. L’ultimo anno ha dato all’Italia tre finaliste nelle competizioni europee. Ma nemmeno una tra Inter, Roma e Fiorentina è riuscita a tornarsene con un trofeo. E nello sport, che si fa globale e vive di passioni da esportazione (specialmente nei mercati del Medio Oriente e dell’Asia) quello che contano sono, per dirla con Mou, i “tituli”.


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