L’Italia degli spioni ha perso la faccia: c’è da cambiare tutto
E’ l’Italia degli spioni. C’è una buona notizia e tante brutte notizie, in questa ennesima sporca vicenda di un dossieraggio sfrenato e incontrollato. Invertendo l’uso comune, si può cominciare con la buona notizia: Palazzo Chigi prepara un decreto per provare a mettere una pezza a questo andazzo, inasprendo le pene e istituendo una griglia autorizzativa meno bypassabile di quella attuale. Sarà difficile che il provvedimento riesca a sopravanzare il funzionamento di questi ventilatori in cui si spala fango, ma almeno sarà stato il segnale della volontà di questo governo per invertire la rotta. Se non altro, per non assistere la prossima volta ad uno scatafascio nazionale che si risolve solo in qualche misura di arresti domiciliari e un pugno di persone indagate che chissà se e quando andranno a un processo dall’esito sicuramente indefinito.
Le brutte notizie cominciano con le inquietanti parole del procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo e del procuratore della Repubblica di Milano in conferenza stampa. Giovanni Melillo e Marcello Viola hanno espressamente detto che solo ora ci si comincia a capire qualcosa di questo metodo di dossieraggio e che le spiate riguardavano principalmente l’economia e la finanza.
Le ore successive hanno raccontato ben altro. Spiate le due principali cariche dello Stato, Sergio Mattarella e la sua posta elettronica, Ignazio La Russa e suo figlio Geronimo. Spiati Matteo Renzi e altri politici. Se non ci è sfuggito qualcosa, mancano dall’elenco solo il Vaticano e Papa Francesco.
E’ un gorgo che ha travolto tutti, in un pozzo nero di cui non si vede il fondo. Un solo spione aveva un hard disk con 800mila files, quindi le spiate saranno milioni (solo il Viminale è stato “bucato” 52mila volte). Coinvolti il superpoliziotto Carmine Gallo e altri appartenenti alle forze dell’ordine, in servizio o in pensione. Indagati Leonardo Del Vecchio jr. e Matteo Arpe. Indagato il presidente della Fondazione Fiera Enrico Pazzali, apprezzato in ogni schieramento politico. In prima pagina una giudice della Corte di Appello di Milano, Carla Raineri – già capo di Gabinetto della sindaca Virginia Raggi nella Capitale – che aveva fatto spiare il marito da carabinieri e Fiamme Gialle e poi si convinse a farlo anche attraverso Gallo.
Non solo paranoie e questioni personali – corna o presunte corna, eredità milionarie da preservare – ma una generalizzata “pazza gioia”, condivisa anche con allacci alle attività dei Servizi segreti e alle necessità delle mafie, che bastava pagare per ottenere. Milioni di euro i risultati economici degli spioni che spavaldamente arrivavano ad utilizzare per il loro dossieraggio le stesse manine utilizzate ufficialmente dalla Procura della Repubblica in società dalle sigle sconosciute che ogni giorno trattano milioni di dati sensibili, dopo essersi assicurati appalti e gare o incarichi occasionali che nessuno controlla nella loro attuazione quotidiana.
L’Italia, in questo settore, ha perso la faccia. Per confermare che si vuole davvero cambiare si potrebbe cominciare a fare una cosa facile facile che proponiamo a tutte le istituzioni coinvolte, a partire dal Quirinale dove gli spioni erano arrivati ad una mail del Capo dello Stato. Togliamo subito a questi “indagati e innocenti fino all’ultimo grado di giudizio” le onorificenze della Repubblica, quelle regionali e quelle comunali di cui si è riempita in questi anni la loro vanagloria. Via le Rose camune, gli Ambrogini d’oro, le eventuali Croci al merito, i titoli di commendatore o di cavaliere del lavoro. Che, lo dice già questa inchiesta prima del processo, alla fine era solo un “lavoro sporco”.
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