Attualità

L’Italia che non si parla: la storia del cannabidiolo orfano di interlocutori concreti

di Angelo Vitale -


L’Italia che non si parla, che rinuncia alla difficoltà di un confronto che superi la facile polemica per provare a ingranare la quinta. Spesso, un unico calderone nel quale annegano tutti. La puntata di oggi, che fa pure quasi rimpiangere che nel nostro Paese non sia mai riuscito a crescere un “sano” lobbismo fatto di trasparenza delle posizioni piuttosto che alimentato da affarucci e paillettes, parte con la vicenda del Tar del Lazio che ha accolto un’istanza cautelare presentata contro il Decreto del ministero della Salute del 27 giugno di quest’anno. La norma aveva inserito le composizioni orali contenenti il cannabidiolo nella tabella dei medicinali contenenti sostanze psicotrope o stupefacenti.

Attaccava e attacca il Decreto la filiera degli Imprenditori Canapa Italia, che teme da questa mossa lo stop dell’intero settore. Il proposito del governo, lo ha ribadito Maria Teresa Bellucci, viceministra del Lavoro e delle Politiche sociali, era ed è quello di “contrastare la normalizzazione dell’uso di cannabis a cui abbiamo assistito in questi troppi anni, soprattutto a danno dei più giovani. Difenderemo sempre la coltivazione e produzione per uso industriale e tessile della cannabis, ma altrettanto convintamente ci continueremo a battere contro l’assunzione orale di prodotti contenenti cannabis, come quelli venduti nei cannabis shop pericolosi per la salute individuale e pubblica, come sancito dal Consiglio Superiore della Sanità”. Una posizione convinta, tanto da confermarla nelle misure del Pacchetto Sicurezza in discussione in Parlamento.

L’Italia che non si parla. La sentenza del Tar ha rianimato la polemica dell’opposizione, tirando in ballo perfino – considerata forse l’attualità – l’ex ministro Gennaro Sangiuliano che in questa vicenda non c’entra per nulla. Il dem Marco Furfaro ha parlato di “ennesima figuraccia di questo governo di incompetenti”. Il verde Angelo Bonelli di “furore ideologico del governo”. Il Dipartimento Antidroga di Palazzo Chigi invano ha spiegato che la sentenza del Tar Lazio non interviene sulla materia in discussione in Parlamento.

L’Italia che non si parla. Sullo sfondo, in questo intricato bailamme dall’imprevedibile esito, la voglia di “fare” di un settore affiancato pure da Coldiretti. Circa 3mila aziende coinvolte nella coltivazione, trasformazione e commercializzazione delle infiorescenze, con l’ovvio corollario della precisazione su migliaia di posti di lavoro da esse generate.

Aziende che si dicono leader in Europa nella produzione di canapa industriale, riconosciute a livello internazionale per la qualità delle infiorescenze lavorate ed esportate in tutta Europa (più del 90% della produzione destinata all’export). Un settore che contribuisce a settori come la bioedilizia, la dermocosmesi, la nutraceutica.

Un settore senza interlocutori reali ed efficaci, se è arrivato ad invocare l’intervento di un Tar.


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