Liste d’attesa, Anaao Assomed: “Decreto a metà, noi capri espiatoridi un servizio sanitario inadeguato”
Il Consiglio dei ministri ha dato ieri il via libera a due provvedimenti sulla sanità: un decreto-legge per ridurre le “liste d’attesa” e un disegno di legge a garanzia delle prestazioni sanitarie. Il primo prevede, tra le misure, un Cup unico regionale o infraregionale, il monitoraggio sulle liste d’attesa affidato all’Agenas, un ispettorato generale di controllo sull’assistenza sanitaria, ma anche l’introduzione di visite ed esami il sabato e la domenica.
Nel ddl ci sono invece un registro nazionale delle segnalazioni dei cittadini sui disservizi, l’aumento delle tariffe orarie del 20% per il personale che dovrà prestare servizi aggiuntivi con una tassazione ridotta al 15%, 100 milioni di euro per avvalersi di specialisti ambulatoriali interni per recuperare le attese e classi di priorità indicate dal medico nella richiesta di visita o esami. Tra le altre misure, sono state confermate quelle di contrasto del fenomeno dei gettonisti, con possibili assunzioni con contratti di lavoro autonomo. Il ministro della Salute Orazio Schillaci ha dichiarato che questi provvedimenti sono stati fatti per “andare incontro ai cittadini”. Ma vanno anche incontro al personale sanitario?
Lo abbiamo chiesto al Segretario Nazionale Anaao Assomed Pierino di Silverio.
Il Cdm ha dato il via libera ai due provvedimenti: cosa va e cosa invece no?
Di certo abbiamo avuto un primo segnale: in primis con la defiscalizzazione delle prestazioni aggiuntive – seppur non sul lavoro ordinario come chiediamo che avvenga – sul lavoro straordinario per i dirigenti medici sanitari. Bene il controllo che verrà effettuato sulle aziende e anche la sburocratizzazione della legge 124/98 che consente al cittadino di attingere all’attività privata qualora i tempi di attesa siano più lunghi del normale. Bene, infine, anche l’abolizione del tetto di spesa per il personale, dal 2025. Quello che non va è che si continuano ad elargire soldi alla sanità privata accreditata, dopo i 620 milioni di euro già dati con la legge di Bilancio e dei quali non abbiamo avuto notizia su come siano stati investiti. Di certo non sulle liste di attesa in quanto non sono migliorare. Non va, che da una parte si dichiari guerra ai medici gettonisti e dall’altra si permetta di assumere attraverso contratti tipo Co.Co.Co, quel lavoro a cottimo che noi contrastiamo. Altro fatto, vergognoso e offensivo, che si appalti ad un ente terzo il controllo – non delle aziende come giusto che sia – dell’attività intramuraria dei professionisti facendo percepire come messaggio alla popolazione che la concausa delle liste d’attesa siano i medici che preferiscono agire in privato anziché nel pubblico. Un’offesa nei confronti di quei professionisti che sono stanchi di essere presi in giro e stanchi di essere capri espiatori dei disservizi dovuti ai disinvestimenti in sanità. Le aggressioni e le violenze sono dovute a questo. Se il rapporto con il paziente si è deteriorato è dovuto a questo. Noi siamo il front office di governi che hanno contribuito allo sfascio della sanità.
Le misure vanno incontro ai cittadini, ha detto Schillaci. E al personale sanitario?
Venire incontro al personale significa defiscalizzare o aumentare il lavoro ordinario. Il personale va premiato non solo per quello che fa in più, ma soprattutto per quello che fa ordinariamente. È questa la differenza tra un decreto con luci e ombre e un buon decreto.
E le visite nel weekend sono una soluzione?
C’è una carenza di 25mila medici e di oltre 40mila infermieri; sette professionisti al giorno lasciano il sistema di cure pubbliche, i concorsi che vanno deserti, la professione è ai minimi storici in termini di appetibilità e per recuperare si sceglie di tenere aperto anche sabato e domenica. Con quale personale? Con quello che, come i dirigenti medici e sanitari, lavora più di 60 ore a settimana?
Cosa c’è da fare, quindi, per migliorare la condizione dei professionisti?
C’è da rendere appetibile la professione, aumentare il lavoro ordinario, destinare i fondi al professionista. Così cambierà l’approccio. Perché questo è un decreto basato sul lavoro straordinario: viene premiato tutto ciò che non è ordinario. Avremmo gradito essere premiati per quello che ordinariamente facciamo. Perché già lavoriamo più di quanto dovremmo.
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