Economia

Lino Banfi manda al tappeto Zuckerberg: “Basta censura”

di Giovanni Vasso -

LINO BANFI ATTORE


Se Elon Musk molla, c’è Lino Banfi pronto a scagliarsi contro Mark Zuckerberg. Il comico pugliese è una furia. E ha scritto una lunga lettera al Corriere della Sera. In cui ha denunciato pubblicamente, per l’ennesima volta, che gli algoritmi di Facebook continuano a censurare i gruppi dei suoi fans. “Colpevoli” secondo il censore digitale, di parlare un linguaggio evidentemente inaccettabile nel 2030. L’ultimo problema è un caso tanto ridicolo che starebbe stato benissimo in una delle intramontabili commedie all’italiana di cui Lino Banfi è stato amatissimo protagonista. In uno dei suoi gruppi, qualche seguace ha ricordato la celeberrima battuta tratta da L’Allenatore nel Pallone. “Picchio De Sisti”. Un’intollerabile minaccia di violenza. Senza nemmeno sapere (aggiornateli, questi algoritmi!) che la battuta funzionò benissimo proprio perché il soprannome del mitico De Sisti era Picchio.

Lino Banfi non le ha mandate a dire a Mark Zuckerberg. E, anzi, gli ha elencato per iscritto, tutti gli “insulti” e gli improperi che sono diventati cult, modi di dire nazional-popolari, con quell’accento barese inimitabile che scambia la “a” con la “e”. Probabilmente sarà impazzito, insieme all’algoritmo, anche il T9 di Zuck a leggerli tutti. La vicenda, però, non deve far sorridere. Almeno, non solo quello. È un tema serio. Perché è vero che ci sono discorsi assolutamente fuori controllo sui quali è pur giusto intervenire, ma un algoritmo che censura le battute di Lino Banfi è ridicolo. E trasforma quello che fu il sogno di libertà assoluta coinciso con l’avvento di internet a una pericolosa deriva kafkiana. Dove basta un’interpretazione (errata) dell’algoritmo, per ritrovarsi cancellati, bannati, bloccati.

Del resto, questo è il grandissimo rischio dell’epoca digitale. Dove, come ha denunciato l’osservatorio americano degli editori, sono gli Over the top che decidono cosa dobbiamo leggere. Che si tratti di libri o di articoli. Il New York Times svela che la Federal Trade Commission negli Usa sta pensando di intentare una causa contro Amazon, e quindi Jeff Bezos, per eventuali violazioni delle leggi antitrust. L’algoritmo della libreria più grande del mondo indirizzerebbe i clienti verso alcuni titoli, tagliandone fuori degli altri. Ma si tratta dello stesso genere di accuse che vengono, periodicamente, rilanciate a Google e alla stessa Meta. Che si comporterebbero, sostanzialmente, da editori (decidendo quali risultati mostrare per primi), drenando pubblicità e concedendo visibilità a chi vogliono.

Intanto, in attesa dell’incontro tra Musk e Zuckerberg, che non si farà, almeno non in Italia e (soprattutto) nella beata speranza che le autorità antitrust riescano a trovare un escamotage utile a rimettere in riga lo strapotere degli Over the Top di internet, è Lino Banfi a mandare un uppercut al capo di Meta.


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