Cronaca

L’inferno di Evin il carcere dove è detenuta Cecilia Sala

di Gianluca Pascutti -


Il carcere di Evin, situato nella zona settentrionale di Teheran, rappresenta uno dei simboli più noti e inquietanti della repressione politica in Iran. Costruito negli anni ’70, ha ospitato nel tempo un numero considerevole di prigionieri politici, giornalisti e attivisti, consolidando una triste reputazione come luogo di sistematiche violazioni dei diritti umani, torture e condizioni di detenzione disumane. Negli ultimi giorni, il carcere di Evin è tornato al centro dell’attenzione internazionale a seguito dell’arresto della giornalista italiana Cecilia Sala. La ventinovenne è stata fermata a Teheran il 19 dicembre 2024 mentre svolgeva il suo lavoro giornalistico, regolarmente autorizzato da un visto. Attualmente, Sala è detenuta in isolamento presso Evin, senza che le autorità abbiano reso note le accuse specifiche a suo carico. Il governo italiano sta intensificando gli sforzi diplomatici per ottenere la sua liberazione, esprimendo profonda preoccupazione per le sue condizioni di detenzione. Il carcere di Evin è tristemente celebre per l’uso sistematico della tortura e per altre gravi violazioni dei diritti umani. Organizzazioni internazionali hanno documentato una vasta gamma di abusi praticati all’interno della struttura, tra cui percosse, scosse elettriche, esecuzioni simulate, violenza sessuale e privazione deliberata di cure mediche. Questi metodi vengono spesso utilizzati per estorcere confessioni forzate e per sopprimere qualsiasi forma di dissenso. Un caso particolarmente emblematico è quello della fotoreporter iraniano-canadese Zahra Kazemi, arrestata nel 2003 mentre documentava una protesta davanti al carcere. Kazemi morì in custodia a causa delle torture subite, tra cui gravi fratture craniche e violenza sessuale. La sua tragica vicenda suscitò una forte indignazione internazionale, ponendo sotto i riflettori le brutali pratiche all’interno della struttura. Le condizioni di detenzione all’interno del carcere di Evin sono estremamente dure e contribuiscono a un clima di costante sofferenza fisica e psicologica. I detenuti sono frequentemente sottoposti a isolamento prolungato, interrogatori coercitivi e privazioni di base, tra cui cure mediche adeguate. Le celle sovraffollate e le condizioni igieniche precarie aggravano ulteriormente le già difficili circostanze di vita dei prigionieri. L’arresto di Cecilia Sala ha riportato all’attenzione globale le condizioni disumane del carcere di Evin e la repressione sistematica attuata dal regime iraniano. Numerose organizzazioni per i diritti umani e governi stranieri stanno esercitando pressioni sulle autorità iraniane affinché́ rispettino i diritti fondamentali dei detenuti e rilascino immediatamente coloro che sono incarcerati senza giusta causa. La comunità internazionale continua a monitorare la situazione, chiedendo con forza maggiore trasparenza, responsabilità e giustizia per le vittime delle violazioni dei diritti umani in Iran.


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