L’INCHIESTA – Altro che sanzioni, gli oligarchi di Putin continuano a fare affari in Europa e in Italia
Altro che sanzioni. Gli oligarchi di Putin continuano a fare affari in Europa e in Italia e lo fanno attraverso le reti dei loro istituti di credito, che a differenza di quanto vuole far passare il mainstream, non sono controllate fuori dai confini russi.
Stiamo parlando di un sistema illegale perfetto, però meno conosciuto degli altri in vigore nel continente. Anzi è la stessa giurisdizione dell’Ue, a dare nella maggior parte dei casi, ai ricconi dell’ex Urss la possibilità di sottrarre beni, mascherandoli in acquisizioni legittime, utilizzando strutture off-shore opache e grazie a documenti abbastanza discutibili. Agli imprenditori onesti del Cremlino, che amavano il nostro Paese e investivano rispettando le leggi, dunque, viene impedito di lavorare, addirittura di trascorrere le vacanze in Sardegna o in Costiera Amalfitana, mentre a chi agisce, seguendo esclusivamente il proprio arbitrio o un ingranaggio, fatto soprattutto di interessi poco leciti, viene concessa la possibilità di fare il brutto e il cattivo tempo.
Tutto ciò è possibile grazie a una rete capillare di società, sparse tra Cipro, Gibilterra, Lussemburgo e Isole Vergini Britanniche, che, come se il conflitto in Ucraina non fosse mai esistito, non hanno smesso di lavorare con qualche importante istituto vicino al Cremlino. Secondo vari esperti del settore, queste apparterrebbero addirittura agli stessi magnati, che nascondendo le loro identità, le utilizzano, designando manager fedeli alla loro causa.
Il modo in cui funziona il sistema è abbastanza semplice. La banca russa propone prestiti a tassi di mercato competitivi, a condizione però che vengano date in pegno le azioni di coloro a cui sono garantiti. Poco prima della scadenza, però, vengono creati documenti fatti ad arte per trasferire la proprietà delle aziende a boogeymen, cambiando la gestione e creando artificialmente eventi di default. Così, invece, di riscuotere gli interessi finali di quanto prestato, vengono saccheggiati tutti i beni di chi è coinvolto nell’operazione. Nella maggior parte dei casi tramite procedure di bancarotta fasulle. Se il proprietario della realtà interessata, invece, non intende mollare la presa, vengono aperti immediatamente procedimenti penali inventati contro di lui, i membri della sua famiglia, i partner e gli amici. La capacità finanziaria degli oligarchi, d’altronde, è quasi illimitata, il che rende possibile organizzare una pressione totale sulle vittime di quanto ordito fino a che non si arrendono. I proventi dei saccheggi vengono, infine, nascosti nelle strutture off-shore dei magnati.
Diversi sono i casi che confermano la persistenza di tale attività criminale. Un residente nel nostro Paese, ad esempio, sarebbe stato depredato di un’impresa che realizzava ricavi per circa 200 milioni di euro. Dopo essergli stato rubato tutto quello che aveva in Russia e aver inviato poliziotti corrotti a casa di tutti i suoi amici, conoscenti e avvocati per far pressione su di lui, il sistema di saccheggio, mediante una procedura fallimentare abbastanza discutibile, vorrebbe prendersi anche la sua casetta in Abruzzo. Avere una villetta in montagna probabilmente potrebbe essere una buona chance per sfuggire alle sanzioni. Da oltre dieci anni è in corso una guerra tra alcuni paperoni della lista Forbes e tanti piccoli e medi imprenditori, la cui vita viene distrutta, umiliata e portata sull’orlo del collasso, solo per l’avidità di qualche sfruttatore estremamente organizzato e perlopiù sanzionato.
Il problema maggiore è che nel circolo vizioso non ci sono solo magnati disonesti, ma anche tribunali fuori dai nostri confini, che forse non funzionano come dovrebbero, direttori fallimentari corrotti e perché no anche avvocati europei e italiani, che, ogni giorno, violano le normative in materia di sanzioni e di diritto fallimentare, come se il conflitto tra Kiev e Mosca non fosse mai esistito o fosse un qualcosa ristretto a giornalisti e opinionisti.
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