LIBERALMENTE CORRETTO – La forza liberatrice della motosega di Milei
Due più due fa proprio quattro. Non c’è motivo di stupirsene. Allo stesso modo, non possiamo sorprenderci della ripresa economica dell’Argentina a un anno dall’elezione di Milei, fautore della politica di tagli alla spesa pubblica. Potare i rami secchi rinvigorisce la pianta; eliminare l’interventismo statale superfluo libera risorse produttive impensate e si traduce inevitabilmente in crescita economica. Questa semplice verità è ignorata per una pluralità di ragioni, riconducibili all’idolatria “social pubblicistica-statalista” oggi globalista. Vale la pena indicarne brevemente qualcuna.
La dottrina economica di Keynes è stata utilizzata per giustificare qualsivoglia rivolo della spesa pubblica, comunque ritenuto apportatore di ricchezza. L’errore concettuale presupposto si può spiegare con questo paradosso: rompere un vetro genera un aumento del PIL, in considerazione del valore aggiunto del vetro nuovo e del lavoro necessario per l’installazione; in realtà, la rottura del vetro consiste nella perdita di un bene e le risorse utilizzate per la sostituzione sono sottratte a un impiego produttivo; cosicché è l’omesso calcolo della sottrazione che consente di giustificare qualunque supposta addizione, ancorché improduttiva. Il gigantismo dello Stato moderno fa il resto. Siamo assuefatti all’invadenza della res publica in ogni angolo della vita associata, tanto da ritenere che lo Stato-balia-tutore-controllore sia il vero creatore della ricchezza coi suoi bonus e le sue “provvidenze”. La carta-moneta, da unità di misura che era, è divenuta essa stessa sinonimo di ricchezza; l’immagine ha sostituito l’immaginato; cosicché l’Autorità pubblica, che le conferisce “corso legale”, è ritenuta la vera fonte della ricchezza di tutti. Guai pertanto a tagliare la spesa pubblica.
Ci voleva Milei per riportarci alla realtà. La spesa pubblica non indispensabile alla salvaguardia delle condizioni minime della pacifica convivenza equivale alla rottura del vetro, sicché i risultati della politica governativa, che ha liberato risorse per gli investimenti produttivi, non potevano che essere positivi. Oggi sono sotto gli occhi di tutti e perfino i numerosi “increduli” di ieri sono costretti ad ammetterli: da aprile i salari sono aumentati dell’11%; la povertà è scesa dal 54,8% al 48,6%; l’inflazione è scesa dal 25,5 % (mensile) al 3,5%; il PIL è cresciuto del 5% e l’occupazione del 3%; il rischio Paese l’anno scorso si aggirava sui 2700 punti, oggi intorno ai 900. I numeri non mentono; sono eloquenti di per sé; ma, dietro quei numeri, c’è qualcosa di ancor più importante: la liberazione delle risorse economiche equivale alla liberazione delle persone.
Qualsivoglia intervento dell’apparato pubblico, ancorché funzionalmente “tutorio”, è per sua natura autoritario. La tutela di Stato non può che essere esercitata da una mano ruvida, la quale nell’accarezzare graffia la pelle. Ciò dipende dal necessario carattere “neutrale-egualitario” dell’intervento pubblico. La necessità di garantire la par condicio civium impedisce la libera scelta del funzionario pubblico preposto all’intervento; al contempo l’atto amministrativo non può basarsi sulla volontà del destinatario. Le due volontà in gioco soggiacciono alla superiore volontà della res publica. Ne deriva che, nel dominio dell’intervento pubblico, vige necessariamente l’autoritarismo. Al contrario, nei rapporti privatistici, la libera scelta dei contraenti, operata intuitu personae, non incontra l’ostacolo della necessaria par condicio. In questo dominio, i privati sono liberi di perseguire i propri fini, cosicché la libertà di iniziativa economica è parte integrante della facoltà dell’uomo di scegliere la propria vita; alla mano pubblica rimane il compito di assicurare che il diritto della persona non sia esercitato a danno dei diritti altrui, in un ordine di pacifica convivenza. Se ne può inferire che i tagli alla spesa pubblica, operati dall’amministrazione Milei, non solo hanno incrementato il PIL del 5%, ma hanno anche ampliato incommensurabilmente la sfera di libertà degli argentini.
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