LIBERALMENTE CORRETTO – I nemici del libero arbitrio
I nemici del libero arbitrio – L’edificio della civiltà occidentale poggia su un fondamento, dato per scontato e trascurato dagli ignari fruitori dei suoi benefici: il principio del libero arbitrio, che suppone la pari dignità di ogni uomo. Storicamente il principio giunge a forma compiuta nell’alveo culturale del cristianesimo, poiché nelle altre aree della civiltà umana incontra qualche ostacolo. Semplificando al massimo, si può osservare che l’idea della gerarchia delle caste sociali, o della superiorità dei fedeli rispetto agli infedeli, o del popolo (inteso come etnia) eletto, o della missione salvifica di una determinata nazione, ne contraddice il postulato di fondo. Al contempo il principio è ridotto a vuoto simulacro quando la sfera privata è sopraffatta da quella pubblica e l’individuo perde i suoi diritti di fronte ai comandi dell’autorità politica. Ed è proprio quest’ultima l’insidia più grande dei tempi moderni, nella nostra area culturale, la quale rimane storicamente cristiana, sebbene le classi dirigenti non ne siano consapevoli. Qui, il principio non viene contraddetto in forma palese e ufficiale, ma i suoi corollari vengono sottoposti a restrizioni, più o meno rilevanti. Soprattutto in Italia, la quale deve il suo declino al progressivo restringimento della responsabilità e della libera iniziativa individuale, le quali vanno di pari passo. Se l’individuo è libero di scegliere, è al contempo responsabile della sua scelta; cosicché dall’assenza di responsabilità possiamo dedurre l’assenza di libertà. Primo indice significativo: i tribunali. È agevole constatare che gli eventi infausti non hanno mai un padre; semmai una pluralità di genitori “putativi”. Nella migliore delle ipotesi, il giudice si trova innanzi a un groviglio di “responsabilità”, in cui si sovrappongono condotte di agevolazione, controlli di garanzia, atti autorizzativi, pareri tecnici etc.. Nel ginepraio non si riesce a individuare l’azione causale e la volontà colpevole, disperse nel “concorso” che equipara tutto e tutti. Risultato: tutti sono responsabili, ma nessuno è veramente responsabile. Secondo indice: la proliferazione dei garanti, i quali ovviamente garantiscono l’incapace di garantire sé stesso. Non bastano le Autorità garanti di diritto pubblico; anche nell’ambito privatistico sono cresciute a dismisura le figure dei controllori di garanzia, sui quali ricade la responsabilità degli atti compiuti dai garantiti “irresponsabili”. Ciò vale soprattutto nei rapporti di lavoro e nell’esercizio delle imprese commerciali. La musica non cambia, se passiamo dagli indicatori indiretti a quelli diretti. In Italia abbondano gli ostacoli alla libera iniziativa privata; basta considerare il terzo indice: la sequela degli atti autorizzativi. L’attività privata può essere esercitata solo in quanto previamente autorizzata dall’autorità amministrativa. Ciò significa che l’iniziativa economica è formalmente libera, ma non può essere esercitata fino al momento della “concessione”. Insomma non è libera affatto, essendo sottoposta a condizione sospensiva. Quarto: la pianificazione di Stato. L’iniziativa non è veramente libera, se subisce la discriminazione fiscale o normativa. Il pianificatore economico incentiva A e discrimina B, cosicché colui che vuole esercitare l’attività B, molto spesso è costretto a rinunciarvi. Quinto: il fattore temporale. La pubblica amministrazione italiana non ha alcuna fretta. I suoi provvedimenti certificativi e autorizzativi richiedono attenta meditazione e devono poter riposare nei cassetti tutto il tempo discrezionalmente ritenuto necessario. Nelle more, la libera iniziativa non esercitata risulta di fatto negata. Possiamo dedurne che la libera iniziativa in Italia subisce mille restrizioni e condizionamenti, molto più che altrove, al punto che il nostro Stato “sociale” si può definire “socialista”. E fin quando le restrizioni sono alimentate dai governi che si richiamano a quel socialismo, la dinamica politica risulta comprensibile; non si capisce invece come e perché i governi, che si ispirano o dovrebbero ispirarsi al liberalismo, lascino intatte tutte le impalcature restrittive, sicché l’elettore italiano ha solo la possibilità di scegliere tra il socialismo ufficiale e quello occulto. E non si capisce come, nella culla della civiltà cristiana, la persona umana sia ridotta al suo “clone” minus habens e sapiens, incapace di autodeterminarsi, postulante garanzia, non gravato di responsabilità individuale e perciò sprovvisto di libero arbitrio.
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