LIBERALMENTE CORRETTO – Deresponsabilizzazione, nuova via della schiavitù
L’umanità intera sprofonda a grandi passi verso l’abisso dell’irresponsabilità generalizzata della persona. Il processo di deresponsabilizzazione si realizza, sostituendo progressivamente la volontà personale con la volontà impersonale dell’ente “tutore”. Il soggetto titolare dell’interesse non decide sulla tutela dello stesso, ma soccombe di fronte a un soggetto sovraordinato che lo sostituisce nella dichiarazione di volontà. Si capisce che l’individuo “sostituito” e deresponsabilizzato ha ricevuto il grande “dono” di non dover faticare e non correre il rischio di sbagliare, ma per ciò stesso ha perso la sua libertà. Sono due le vie della sostituzione: quella burocratica e quella tecnocratica. La prima è abbastanza nota e sperimentata. È la “via della schiavitù” indicata da Friedrich von Hayek, nella quale l’Italia eccelle, occupando saldamente un posto nella top ten mondiale, a ridosso delle autocrazie dittatoriali, e primeggiando nell’area occidentale. L’eccellenza italiana è certificata inconfutabilmente da indici particolarmente significativi. In primo luogo la dimensione dell’apparato burocratico. È evidente che tanto più grande, penetrante ed estesa è la “tutela” sociale, tanto più cresce in dimensioni e competenze l’apparato preposto; sicché dalle proporzioni gigantesche della macchina burocratica possiamo dedurre quanto sia ampia in Italia l’area della sostituzione autoritaria. Un secondo indice è dato dalla pressione fiscale, necessaria ad alimentare la macchina. È agevole constatare che sul contribuente italiano grava la pretesa fiscale più alta del mondo, diretta a offrirgli il dono della deresponsabilizzazione generalizzata. Il terzo indice risiede nella tortuosità delle procedure burocratiche. Quanto più numerosi sono gli adempimenti necessari per l’esercizio di un’attività privata e i corrispondenti atti autorizzativi della pubblica amministrazione, tanto più il cittadino è privato del suo libero discernimento e della sua autonomia decisionale. In Italia il cittadino si mette “a norma” a suon di certificati, ottenuti i quali, può dormire il sonno della beatitudine, poiché il certificato lo esime dalla responsabilità personale. Il quantum delle certificazioni è direttamente proporzionale al quantum dell’irresponsabilità e l’Italia è primatista mondiale in procedure burocratiche, certificative e autorizzative. Un quarto indice si può ravvisare nella figura del sostituto d’imposta. Il contribuente, sul quale grava l’obbligo fiscale, sostituito nell’adempimento da un altro soggetto (sostituto), ipso facto gode del “privilegio” dell’irresponsabilità. Ebbene, in Italia, a differenza che in altri Paesi, la figura del sostituto d’imposta è generalizzata. Ne deriva un quadro di deresponsabilizzazione così ampia e diffusa, che perfino le forme più elementari di tutela diretta dell’interesse risultano inibite. La Repubblica italiana esorta, in tutti i modi, il cittadino a rinunciare a priori a qualsivoglia iniziativa personale (provate voi a colmare la buca della strada pubblica o togliere i detriti dal torrente o esercitare la legittima difesa dentro le mura di casa). Il risultato finale è il morbo dell’apatia; un virus molto più pericoloso del Covid, che colpisce soprattutto le nuove generazioni, deresponsabilizzate fin dalla culla e perciò private di coraggio e intraprendenza. La seconda via (tecnocratica) ha mostrato le sue insidie in tempi più recenti. Gli algoritmi hanno apportato, nella vita associata, un surplus di neutralità che si aggiunge a quella burocratica. La decisione demandata all’algoritmo è per sua natura “giusta”, proprio perché cieca e non discriminatoria. Come l’atto della pubblica amministrazione rispetta la par condicio civium, così il controllo esercitato dall’algoritmo è formalmente neutro e astratto, giacché non esprime una determinazione volitiva. Ma proprio tale “neutralità” sottrae spazio alla libera iniziativa e alla responsabilità individuale. E infine l’intelligenza artificiale sottrae all’uomo perfino il peso, ma anche lo “sfizio”, di pensare. Geoffrey Hinton, premio Nobel per la fisica 2024, ha lanciato l’inquietante avvertimento che entro 30 anni l’AI potrebbe rappresentare una minaccia esistenziale per tutta la specie umana. Ciò è sufficiente per farci intendere che il “dono” della deresponsabilizzazione in realtà nasconde il frutto avvelenato della nuova schiavitù e, in questo campo, l’Italia è messa molto male.
Torna alle notizie in home