L’etica di Aboubakar e l’estetica di lady Soumahoro tra spese folli e società
Il mito dell’etica che si arricchisce del mito dell’estetica. Filosoficamente due aspetti del trascendentale nelle riflessioni di Ludwig Wittgenstein: “Etica ed estetica sono tutt’uno”. Per nulla trascendentale e del tutto materiale per la filosofia di casa Soumahoro, dove l’etica della difesa degli ultimi è stata del tutto superata. E non solo dal gusto del bello, proprio dai centri estetici. Quelli che la moglie del deputato con gli stivali Liliane Mureketete frequentava assiduamente insieme a sua madre Maria Therese Mukamitsindo, per sedute di extension ciglia “a sua insaputa” da 85 euro l’una, come ha giurato al gip durante l’interrogatorio di garanzia per la convalida dell’arresto, nonostante l’estetista, ascoltata dagli inquirenti, abbia confermato che era proprio Liliane a sottoporsi ai trattamenti.
A spese dei migranti, visto il reiterato uso delle carte di credito intestate alla Karibu, l’azienda di Latina che riceveva milioni di euro di fondi pubblici per l’accoglienza dei rifugiati, lasciati invece in condizioni pietose, senza riscaldamento e con cibo scadente nelle strutture fatiscenti della coop. Aboubakar Soumahoro l’ha definito “diritto all’eleganza”, tentando di costruire attorno alle borse di lusso e ai vestiti firmati della moglie una forma di uguaglianza difficile da stigmatizzare, perché l’ha eticamente collegata al colore della pelle. “La moda non è né bianca né nera”, a voler sottendere che la bufera contro i selfie modaioli della moglie fosse solo razzismo.
Le spese folli di Lady Soumahoro
Vestiti da Ferragamo per 1.990 euro: razzisti. Profumo da 298,90: razzisti. Cena da 500 euro al Porticciolo di Fiumicino: razzisti. In realtà all’epoca, meno di un anno fa, i milioni di euro sottratti da casa Soumahoro non erano stati rendiconti e il deputato con gli stivali probabilmente credeva che, con un pianto in diretta in cui intendeva “mi volete morto perché sono nero” e con un’intervista in cui portava avanti l’etica del diritto all’eleganza, ne sarebbe uscito senza pesanti conseguenze politiche. Ma la parabola di Aboubakar, con gli stivali di gomma e il pugno chiuso nel suo primo giorno a Montecitorio, oggi è completa. Perché è difficile credere che un marito non si sia posto delle domande di fronte a una moglie più ingioiellata della Madonna.
D’altronde Liliane non era l’ad di una multinazionale, ma, su carta, una semplice consigliera di una cooperativa sociale che gestiva le “risorse” eticamente care alla sinistra, accoglieva migranti che fuggivano da guerre e persecuzioni. In virtù di quell’accoglienza la “Soumahoro dinasty” ha allargato i suoi affari all’estero. In Ruanda, dove sono stati trasferiti al cognato del deputato, Richard Mutangana, centinaia di migliaia di euro, utilizzati per aprire un supermercato, per pagare la scuola privata ai figli e per costruire il resort-ristorante Gusto Italiano. Trasferimenti giustificati come rimborsi alla Karibu Rwa, una gemella ruandese della Karibu di Latina, in tutto e per tutto gemellata alla coop italiana, in cui il gip ha evidenziato “la presenza di una struttura delinquenziale organizzata a livello familiare” in un “sistema collaudato, connotato da evidenti caratteri di trasnazionalità, tutti unicamente finalizzati a distrarre i fondi pubblici, in buona parte reinvestiti all’estero”. Senza contare almeno 36 milioni spariti in contanti. E non solo in Ruanda, ma anche a Bruxelles, dove Liliane, il 22 giugno 2016, aveva dato vita alla Karibu Belgique, un’organizzazione senza scopo di lucro che avrebbe dovuto perseguire gli stessi scopi della coop di Latina e che invece avrebbe privilegiato l’estetica all’etica. Nel vero senso della parola, perché la moglie di Soumahoro avrebbe operato a Ixelles per aprire un centro estetico.
Ma poi, complici le spese folli tra affitti da 4.500 euro e decine di migliaia di euro per arredamenti e ristoranti, il progetto è naufragato, tanto che la società è andata in bancarotta, con il fallimento dichiarato dal tribunale nel febbraio 2020. Nel mentre la suocera di Soumahoro si era affrettata a crearne un’altra, la Karibuni Asbl, costituita da Maria Therese l’8 febbraio 2019, insieme al giornalista belga di origine ruandese Roger Henri Dèsirè N’zouzi e all’attivista dell’African Diaspora Youth Forum, Tiffany Djamila Edith Fevery. Nome diverso ma stessa mission: fare affari con i migranti raggranellando i fondi europei. In quel periodo Lady Soumahoro faceva avanti e indietro da Bruxelles ma Aboubakar giura di non sapere nulla di quello che faceva. Come non si sarà posto domande su dove venissero i soldi che Liliane ha messo per l’acquisto della villa a Casal Palocco, comprata a giugno del 2022 al prezzo di 360mila euro.
Di questi 264mila sono stati erogati da un mutuo, mentre il restante è stato saldato in parte dal parlamentare e in parte da Liliane. Aboubakar ha giustificato le sue spese con gli introiti di un libro che ha scritto e che non ha venduto un granché. I suoi ex colleghi del sindacato della Lega Braccianti, però, non gli hanno creduto e hanno denunciato un ammanco di denaro da una raccolta fondi per il Natale dei bimbi dei ghetti di Torretta Antonaci. E la Procura di Foggia ha aperto un fascicolo. Non solo. Il deputato con gli stivali è finito anche nel mirino della Corte d’Appello di Bologna, che contesta al parlamentare, candidato da Fratoianni e Bonelli e passato nel Gruppo Misto, “irregolarità in 12mila euro di fondi elettorali”. Ora la commissione elettorale della Camera, su indicazione dell’ufficio di presidenza di Montecitorio, ha avviato l’iter per far decadere il deputato di origini ivoriane.
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