Cultura & Spettacolo

Leonardo, padre dell’italianità nel mondo

di Redazione -


Misteriosi sguardi fuggenti  – di Gianluca Gioè

Leonardo3 (L3) è un importante museo della capitale lombarda: da oltre un decennio costituisce un innovativo polo di attrazione per esperti e ricercatori del genio leonardesco. Tale indefessa e meritoria attività scientifica a carattere divulgativo ha prodotto risultati di respiro internazionale. È possibile osservare da vicino le innovative ed ingegnose invenzioni leonardesche, i cui meccanismi di funzionamento vengono fedelmente riprodotti da esperti nel settore e sono in grado di far viaggiare gli osservatori tra i più reconditi meandri della fervida mente dello scienziato-pittore, considerato tra gli esempi più fulgidi dell’italianità nel mondo. Leonardo,nato il 15 aprile ad Anchiano, località non lontana da Vinci, in provincia di Firenze, colpisce ancora l’attenzione e suscita da secoli l’interesse di un variegato pubblico internazionale per la sua Gioconda (Lisa Gherardini, il cui nome “Gioconda” si deve al matrimonio con Francesco de Giocondo, ricco mercante di seta fiorentino). La tela viene ammirata quotidianamente dall’incredibile numero di circa 30.00 osservatori. Nell’ agosto del 1911 fu oggetto di un furto sensazionale: un muratore lombardo, Vincenzo Pietro Peruggia, mise a segno un colpo destinato ad entrare negli annali dei furti d’arte e tenne il mondo e la Francia col fiato sospeso, fino al giorno del fortunato ritrovamento del dipinto a Firenze nel 1913. L’interesse e le occasioni fornite a Leonardo per esplorare artisticamente il mondo femminile non si limitanosoltanto alla Monna Lisa. Anche nel ritratto di Ginevra de’ Benci, unico dipinto leonardesco oggi negli U.S.A. (fu acquistato dalla National Gallery of Art di Washington nel 1967 dal principe Francesco Giuseppe II del Liechtenstein). Leonardo raffigura una donna, il cui nome “contiene” l’immagine alle sue spalle: il ginepro richiama per paronomasia il nome della donna ed è anche un’evidente allegoria della virtus femminile sublimata. Il dipinto fu commissionato probabilmente dal fratello della donna, altolocata figlia di un banchiere fiorentino, in occasione dell’imminente matrimonio con un uomo, di cui Ginevra non era innamorata. Forse è per questo che il suo volto è offuscato da una vena di persistente e struggente malinconia. Lo sguardo della donna non ha interesse ad incrociare frontalmente lo spettatore, fugge e si rifugia nel proprio mondo interiore fatto di mestizia e di intimi valori: “VIRTUTEM FORMA DECORAT, “La bellezza decora la virtù”, si legge sul cartiglio sul retro della tela, a sottolineare la convivenza, nella donna, di qualità fisiche, morali e culturali. Il museo Czartoryski di Cracovia custodisce un altro affascinante dipinto leonardesco: si tratta de “La dama con l’ermellino” realizzato durante il periodo milanese, alla corte di Ludovico Sforza, detto il Moro. La protagonista è una nobildonna, Cecilia Gallerani, moglie di Ludovico. Indossa l’ermellino in segno di omaggio al marito, che aveva fatto dell’animale un icastico simbolo della sua prestigiosa casata (il re di Napoli lo aveva inoltre insignito del titolo di cavaliere dell’Ermellino). Anche il nome della donna, Cecilia, sembra richiamarlo nell’etimo (galée in greco antico assume proprio il significato di “ermellino”). Anche in questo caso la donna, immortalata in una ieratica staticità, distoglie lo sguardo dall’osservatore e lo rivolge verso l’indeterminatezza di un misterioso infinito. Tale prospettiva è condivisa dal “suo” ermellino che, assieme a lei, si protende verso un altrove indefinito. Con la Gioconda condivide invece un sorriso appena accennato, anch’esso intriso di un arcano mistero. La terza donna “dallo sguardo fuggente” è custodita al musèe du Louvre di Parigi: si tratta del ritratto della marchesa Isabella d’Este che risale al periodo in cui Leonardo si recò a Mantova, dopo aver lasciato Milano nel dicembre 1499. Purtroppo, nonostante le insistenze di Isabella, non trovò il tempo di essere trasposto in pittura, restando impresso su un cartone preparatorio. Isabella era rimasta stregata dal ritratto della dama con l’ermellino ed avrebbe desiderato un’opera interamente a lei consacrata. Anche in questo caso, si nota, lo sguardo della donna non degna d’attenzione lo spettatore ed è colta in un momento di intimo raccoglimento spirituale. Il dipinto a olio “Belle Ferronière”, attribuito a Leonardo e custodito nel già citato museo parigino, ritrarrà l’amante del re Francesco I di Francia (ma potrebbe trattarsi anche di Lucrezia Crivelli, altra donna di Ludovico il Moro o della stessa Cecilia Gallerani). Un fatto è certo: anche lei guarda alla sua sinistra, la sua attenzione infatti è catturata da qualcuno o da qualcosa di non meglio definito e completa il quadro delle donne che non vogliono incontrare gli sguardi curiosi degli osservatori. Sarà la Gioconda a rompere ogni indugio ed a prendersi la scena posando il suo sguardo magnetico su una posterità che resterà fatalmente attratta dai suoi raggi luminosi e destinata irrimediabilmente ad incrociare gli sguardi di una caleidoscopica umanità proveniente da ogni angolo del mondo. Il suo sorriso di donna di più umili condizioni, inoltre, sembra rivelare al mondo che la vita è un grande scacchiere e le sue molte pedine sono manovrate da un destino sempre foriero di alterne vicende.


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