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L’elezione diretta del premier e quella democrazia dei ricatti

di Redazione -


L’elezione diretta del premier e quella democrazia dei ricatti

di RAFFAELE BONANNI*

Ed ecco che nei prossimi giorni il governo porterà nel proprio consiglio dei ministri la bozza per l’elezione diretta del Presidente del Consiglio. I vari esponenti della maggioranza, nella classica circostanza di “excusatio non petita accusatio manifesta” assicurano che la proposta di modifica costituzionale non intaccherà il ruolo della Presidenza della Repubblica. La parola d’ordine di tale iniziativa fonda sulla necessità di rendere stabili i governi che verranno, e che comunque l’attuale maggioranza ha numeri per votarsela. Si, infatti, per un quarto di secolo così hanno parlato destra e sinistra a sostegno dei propri tentativi riusciti e non. Hanno fatto sempre appello alla ricerca di stabilità per esercitare il diritto di maggioranza per cambiare la Costituzione.

In tale clima si sono decisi cambiamenti affastellati l’uno sull’altro che hanno condotto il Paese al caos, ed in conseguenza alla decadenza in cui ci troviamo. Ci chiediamo che fine abbia fatto l’accordo repubblicano ben presente nelle forze politiche già dai primi giorni di vigenza della nostra “Carta”, di operare cambiamento su essa, mai con maggioranza semplice bensì con maggioranza qualificata. Agli albori della Repubblica si sapeva che superare tale criterio avrebbe portato ancora più divisioni nel Paese. Oltretutto era un modo per evitare esposizioni ai ricatti inconfessabili operati dentro le stesse formazioni di maggioranza. Cioè quello che sta avvenendo in questo momento con lo scambio della cosiddetta autonomia differenziata con la elezione diretta del Presidente del Consiglio. Dalla fine della “prima repubblica” le forze politiche in cerca di egemonia, nelle alterne situazioni, hanno chiamato stabilità quello che a loro conviene.

E così distorcono lo stesso funzionamento dello Stato ed il concetto di democrazia che si allontana dai sistemi e dalla logica della partecipazione dei cittadini alla res publica. Ed infatti si è arrivati ad una pratica politica sempre più verticalizzata del potere, cancellando progressivamente le forme preesistenti partecipative dei cittadini, come ad esempio quelle esercitate e poi soppresse nella sanità e nella scuola. Un esempio monumentale delle conseguenze è rappresentato dalla Sanità gestita essenzialmente da potentati locali dei partiti, in assenza di controlli stringenti sui loro disastri. In taluni casi, solo l’azione giudiziaria, e comunque sempre in forte ritardo, riesce a rappresentare un freno alle distorsioni.

I cacicchi, in molti casi, controllano le tre funzioni istituzionali della Sanità: la programmazione, la gestione ed il controllo. In tale evidenza, i cittadini avvertono da tempo di essere stati esclusi totalmente dal controllo dell’operato della politica, così come espulsi dalla partecipazione alla sussidiarietà orizzontale ed ostacolati nella sussidiarietà verticale. Ai cittadini rimarrebbero formalmente solo le urne ed i partiti. Ma essi si sentono sostituiti nella scelta dei parlamentari dai capi partito, che intanto nel tempo hanno chiuso finestre e porte alla partecipazione ricorrendo ad un circuito chiuso che fa degli organismi interni luoghi di rappresentanza principalmente di chi è nelle istituzioni e cooptati in genere. Aiutati da leggi elettorali piegate a questi fini, impongono alleanze che spingono fuori dal voto chi non si riconosce in loro. Ecco spiegato l’insieme dei motivi imbarazzanti ed invalidanti per la nostra democrazia che subisce il peso della maggioranza di cittadini elettori che non votano che gettano un’ombra cupa sulla reale rappresentatività degli eletti. In tale realtà le rappresentanze elette, così mutilate, rendono la politica debole, caotica, non in grado di assicurare stabilità.

Ed è questa la ragione che porta a ritenere sbagliata l’iniziativa del governo nell’indicare l’elezione diretta del primo ministro quale soluzione per la stabilità degli esecutivi senza preoccuparsi delle motivazioni più profonde. Insomma un’ennesima iniziativa nel solco di altri tentativi di depistaggio passati: hanno annunciato soluzioni contro la instabilità, ma la loro azione ha poggiato sugli effetti che essi stessi hanno provocato con partiti personali e con leggi elettorali errate. Lo scopo della Costituzione è quello di ottenere la partecipazione dei cittadini alla vita politica per premunirsi da eventuali occupazioni dello Stato da parte di oligarchie che comprimendo l’agibilità democratica indeboliscono la Repubblica. Ed allora la governabilità si ricerchi cambiando leggi elettorali, il funzionamento interno dei partiti, i sistemi partecipativi sussidiari, l’equilibrio tra poteri statali e locali funzionali alla efficienza e costi sostenibili per i cittadini contribuenti. In armonia con questi propositi, si spera che si agisca prima sulle cause vere della instabilità e poi della rivisitazione degli assetti istituzionali e costituzionali della nuova Italia e nella Europa che verrà.

*(ex segretario generale della Cisl)


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