Attualità

“L’economia? Non è il Diavolo va ripensata”

di Giovanni Vasso -


Monsignor Domenico Sorrentino, arcivescovo di Assisi e presidente di Economy of Francesco. Margaret Thatcher disse che al liberismo sfrenato “there is no alternative”. È davvero così?
“Si sbagliava. E’ vero che le alternative solidali centrate sull’iniziativa di uno Stato che pone regole al liberismo selvaggio sono destinate a naufragare di fronte alla competizione mondiale che trasferisce, come pedine su una scacchiera, le sue insidie competitive, fuori da ogni regola politica ed umana (paradisi fiscali, sfruttamento umano e ambientale ecc.). Ma tutto questo non è fatale. Prima o poi è da attendersi una reazione che obblighi tutte le nazioni a concordare un minimo di diritto internazionale condiviso anche sul versante economico e commerciale. Lo schema binario Stato-mercato dovrà evolvere nel triangolo Stato-mercato-società civile. Un economista cattolico di un secolo fa – Giuseppe Toniolo – ingiustamente dimenticato proprio perché “anticipatore” (al dire di Zamagni), ebbe il grande merito, tutto da riscoprire, di fondare la nozione stessa di economia sopra una visione organica della società, in cui prima del mercato e degli affari, c’è la persona, con le sue relazioni che s’intessono tra famiglia e società. E’ soprattutto nella società civile che si genera lo scambio mercantile. Se non si riscopre questa visione armonica e ben ordinata dei fattori in gioco, si va inevitabilmente verso il dissesto economico, ecologico, energetico, e, Dio non voglia, verso la guerra totale”.

Se la pace è ricchezza, la guerra è povertà. E ha accelerato e amplificato le conseguenze delle diseguaglianze dell’economia. Che sta succedendo?
“Senza dubbio. La guerra è povertà. Innanzitutto perché, a prezzo di vite umane e macerie, arricchisce solo i “signori della guerra”, i costruttori e i trafficanti di armi come i produttori e distributori coinvolti per indotto, generando in tutto il tessuto economico degli squilibri che vanno a svantaggio – come sempre – dei più poveri o di nazioni a svantaggio di altre in giochi d’azzardo della geopolitica aggressiva e imperialista. Concetti del passato che tornano di triste attualità. Ma la guerra è da considerarsi prima ancora una povertà morale ed umana, una ferita alla civiltà, alla dignità degli uomini e delle nazioni, alla convivenza universale. Se anche non producesse problemi sul versante strettamente economico-finanziario, basterebbe tutto questo a farla considerare una disfatta della stessa “oico-nomia” nel senso più profondo di questo termine (oikos – casa), con la messa a repentaglio della “casa comune” (ambiente e fraternità) nei suoi principi e nei suoi valori costitutivi. Quanto alla pace, è indubbio che rappresenti la condizione ottimale per sviluppare anche i rapporti economici. Da sola non è tuttavia sufficiente a garantirli come rapporti sani (nella pace, come in guerra, può svilupparsi anche il malaffare). Dev’essere anche una pace “etica”, ossia governata da giustizia, solidarietà, condivisione dei principi etico-giuridici essenziali a una convivenza davvero pacifica”.

Il progetto. Cosa si propone Economy of Francesco, nel breve e lungo periodo?
“Economy of Francesco è un processo innescato dal papa tra giovani economisti e imprenditori di tutto il mondo. Il papa ha voluto intenzionalmente un processo, non un evento chiuso in sé, nemmeno un programma già a priori articolato. La forza di Economy of Francesco è proprio qui: nella creatività di una gioventù sensibile a dei valori fondamentali, quelli che il Papa ha enunciato nella sua lettera di invito del 1 maggio 2019 e quelli che, a conclusione, sono stati dichiarati nell’evento celebrato in Assisi dal 22 al 24 settembre scorso, nei termini di un “patto” siglato dai giovani con il papa e tra di loro. E’ in quei principi, uno per uno, che si nasconde il futuro di questo processo. L’evento si è svolto ad Assisi per attingere linfa ideale da Francesco, il Santo che spogliandosi di tutto fino alla nudità non volle demonizzare l’economia, ma piuttosto rifondarla. Economy of Francesco sta per ora aprendo percorsi di studio, tessendo una rete mondiale di collegamenti, mettendo in circolo nuove esperienze di economia sostenibile e solidale, facendosi stimolo all’economia mainstream perché ponga in discussione la sua “routine” e i suoi luoghi comuni”.

Il pontefice ha spiegato che la carità da sola non basta. Su quali basi occorre costruire un mondo più giusto?
“Sono decenni che, ai paesi in via di sviluppo, arrivano aiuti dal mondo cosiddetto “sviluppato”. Salvo poi accorgersi che, nelle dinamiche di questi aiuti, spesso si nascondono precisi interessi dei “benefattori”, interessi che diventano una palla al piede per tante economie in sofferenza. Un analogo tipo di dinamica si verifica, nel piccolo della carità privata, quando ci si lava la coscienza con un’elemosina al primo povero che si incontra per strada, e si dimentica che quella povertà, espressione della condizione di una moltitudine di poveri, ha radici strutturali alle quali bisognerebbe portare attenzione per sradicarle e dar vita a un sistema più equo. Giovanni Paolo II parlò a tal proposito di “strutture di peccato”. Purtroppo anche nella Chiesa a questo aspetto i cattolici sono spesso poco sensibili. La dottrina sociale della Chiesa è un patrimonio praticamente sconosciuto. E’ necessario che, tra politica, imprenditoria, mondo operaio e commerciale, nuovi ambiti di innovazione nell’informatica e nelle nuove tecnologie (la rivoluzione industriale 4.0) si crei un dialogo. Lo chiede un’economista di frontiera come Kate Raworth, lo chiedono gli esponenti dell’economia civile, lo chiede persino il fondatore di Davos, Klaus Schwab. L’accelerazione dei processi chiede l’accelerazione di un incontro”.

L’economia sociale di mercato, una vecchia conoscenza europea, è la nuova frontiera per l’economia mondiale?
“L’espressione è avvincente quanto ambigua. Se con essa si vuole intendere un’economia che, oltre a guardare al profitto, guarda anche agli esiti sociali dell’impresa e dell’intera dinamica economica, facendosene carico, alleandosi con lo Stato sociale di cui, almeno in Europa, abbiamo fatto un’esperienza significativa e da non smantellare, l’economia sociale di mercato rimane un obiettivo da perseguire. Ma è anche una prospettiva di per sé insufficiente, legata com’è all’iniziativa di una parte generosa ma ridotta di imprenditori, se non la si integra in una visione più generale. Ancora una volta il pensiero del Toniolo è illuminante: la società civile ha un primato sullo Stato, che tuttavia rimane indispensabile in termini di sussidiarietà. Un primato che non è solo da riconoscere e scrivere in carte dei valori. Si tratta di promuovere concretamente la “soggettività” sociale, dotandola degli strumenti adeguati (formazione, agevolazioni mirate, riconoscimenti di merito ecc.), sulla base della dignità e dell’uguaglianza di tutti gli esseri umani. Occorre fare spazio al protagonismo di ciascuna persona nel prendersi cura dal basso della sua condizione, in relazione armonica e collaborativa con le altre persone, perché non tutto “cada” semplicemente dall’alto, con il rischio oggi tutt’altro che astratto di società manipolate da poteri forti (politici, finanziari, mediatici ecc.) che schiacciano l’individuo “atomizzato” (termine caro al Toniolo), posto in una solitudine mortale, alla mercè di tutti, tranne che della sua dignità”.


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