“L’economia di Roma frena”: un report di Bankitalia
Piazza Monte Baldo, Montesacro a Roma.
Come si è trasformata l’economia di Roma negli anni duemila e quanto regge il ritmo con quelle delle altre capitali europee, di Milano e della altre 12 aree metropolitane del Paese? Se ne è occupato un report di Bankitalia, coordinato da Raffaello Bronzini, che ha analizzato cambiamenti strutturali, mercato del lavoro, diseguaglianze. Sotto la lente le dinamiche dagli inizi degli anni Duemila fino alla vigilia della pandemia, con focus su andamento del benessere economico e sociale, evoluzione della struttura economica, ricerca e innovazione, demografia, redditi.
Nonostante alcune dinamiche per molti aspetti non incoraggianti, l’economia di
Roma presenta ancora una serie di punti di forza: il ruolo centrale dei servizi avanzati, quelli ad alta intensità di conoscenza nei quali Roma rimane specializzata sebbene meno intensamente che in passato, l’alto grado di internazionalizzazione dei servizi alle imprese, il peso rilevante dei lavoratori altamente qualificati e di quelli con istruzione superiore, un fermento che si traduce in elevato tasso di natalità delle imprese, segnale di una significativa vitalità imprenditoriale, che ha contribuito alla crescita dell’occupazione in misura maggiore rispetto alle imprese già esistenti, l’elevato peso della ricerca pubblica, che si finora ha generato riflessi sulla capacità innovativa della capitale.
Ma nel periodo analizzato l’economia di Roma ha avuto un andamento meno positivo
rispetto alle altre aree metropolitane del Paese e alle maggiori capitali europee. Il
Pil pro capite è cresciuto meno a causa del deludente andamento della produttività (allargato il gap con Parigi, ridotto e quasi eliminato quello con Madrid), la crescita dell’occupazione e della popolazione è stata elevata e maggiore che nelle
altre aree, mentre quella del prodotto è stata inferiore.
Sono diversi i fattori che hanno contribuito a frenare la crescita della produttività
della capitale. Rispetto alle altre aree metropolitane italiane, la crescita dell’occupazione è stata maggiore nei servizi tradizionali, quelli cosiddetti a bassa intensità di conoscenza, anche in conseguenza del forte incremento del turismo e delle attività collegate. La storica specializzazione dell’economia romana nei servizi ad alta intensità di conoscenza si è sensibilmente ridotta e si è registrata la deludente performance delle grandi imprese, soprattutto quelle a partecipazioni pubblica, che hanno un peso rilevante nell’economia della capitale, e il calo degli investimenti privati. Nei 20 anni analizzati, il numero di dipendenti pubblici è diminuito più che nella media delle altre città metropolitane; alla fine del periodo, a Roma il numero di lavoratori pubblici in rapporto alla popolazione e agli occupati totali era solo di poco superiore a quello delle maggiori città italiane, nonostante la presenza nella capitale delle principali amministrazioni pubbliche. A ridursi, più della media nazionale,sono stati anche gli investimenti pubblici.
La percentuale di laureati impiegati in occupazioni meno qualificate è cresciuta più
rapidamente rispetto al resto del Paese, ad indicare un maggiore disallineamento tra
domanda e offerta di lavoro. Questo ha reso Roma meno allettante per i giovani
laureati, come dimostra l’aumento di quelli che lasciano la città e la diminuzione di
quelli in arrivo.La polarizzazione della crescita occupazionale nelle alte e basse qualifiche professionali è stata più marcata rispetto a Milano e alla media nazionale. Ciò ha comportato un aumento delle disuguaglianze dei redditi.
E insoddisfatti sono i cittadini, riguardo alla qualità della vita, più che nelle altre capitali europee, tranne che per quelli di Atene.
Significativo anche il dato del turismo, nell’analisi dell’economia di Roma. Le presenze turistiche sono cresciute più che per la media nazionale, a significare una forte attrattività della storia di Roma, ma la spesa per ogni viaggiatore è diminuita. La governance del turismo va perciò migliorata per garantire una maggiore sostenibilità. E maggiore impegno deve essere speso per valorizzare i punti di forza della struttura economica urbana, rafforzando le attività più avanzate e i servizi a più alta intensità di conoscenza: a questo può servire il potenziamento dei legami tra il sistema della ricerca pubblica e quello della ricerca privata.
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