Le Olimpiadi come momento di pace per tutti
Le Olimpiadi che si svolgeranno nella capitale francese si avvicinano, e con essi anche la speranza di una tregua cosiddetta Olimpica, sicuramente necessaria per contenere la morte, la distruzione e la violenza devastante delle guerre nel mondo, ormai troppe e mostruose. Per tale motivo domenica scorsa vi è stato, al termine della preghiera dell’Angelus, l’ennesimo appello di Papa Francesco, il quale a pochi giorni dall’apertura dei Giochi di Parigi, a cui seguiranno i Giochi Paralimpici dice testualmente: “Possano essere segno del mondo inclusivo che vogliamo costruire”. Inoltre, il Santo Padre ha ricordato che “questa settimana inizieranno i Giochi Olimpici di Parigi, che saranno seguiti dai Giochi Paralimpici”. Non a caso è arrivato tale monito da parte del Sommo Pontefice: infatti, già solo nominandoli, i Giochi olimpici fanno riaffiorare il loro spirito fondante che rimanda ai Giochi olimpici antichi del lontano 776 a.c.; allora ci si cimentava solo sulla corsa, che si svolgevano nell’Antica Grecia in onore degli dei, presso la città di Olimpia, nei quali si sfidavano i migliori atleti, per l’appunto greci. Successivamente, nell’era moderna, come è noto, è un evento sportivo quadriennale molto atteso, il quale prevede la competizione tra i migliori atleti del mondo in quasi tutte le discipline sportive praticate nei cinque continenti, e a tal proposito per la terza volta sarà presente anche la squadra Olimpica dei Rifugiati, nel mondo. Storicamente, Il barone Pierre de Coubertin, alla fine del XIX secolo, fu l’inventore di tale competizione ed ebbe l’idea di organizzare dei giochi simili a quelli dell’antica Grecia. Fu così, quindi, che le prime Olimpiadi dell’era moderna si svolsero ad Atene nel 1896. Infatti, egli ne era profondamente convinto della bontà e dell’utilità dello sport, arrivando ad affermare che lo sport può aiutare gli uomini a superare i loro limiti, ma anche ad avvicinarsi e a capirsi meglio, indipendentemente dalle differenze. Per questo motivo difendeva i valori umanistici, divenuti indissociabili dall’Olimpismo: rispetto dell’avversario, amicizia fra i popoli, senza dimenticare il fair play, un codice di condotta comportamentale utile sia nello sport che nella vita in generale, che sicuramente può aiutare a migliorarci come persone e come esseri umani. A partire dal 1924 poi, vennero istituiti anche dei Giochi olimpici specifici per gli sport invernali. In più, esistono anche le Paralimpiadi, competizioni fra persone diversamente abili. In merito alla bandiera olimpica, come non sottolineare che è uno dei simboli più riconosciuti al mondo e certamente inclusivi; infatti, raffigura cinque anelli intrecciati in campo bianco, che simboleggiano i cinque continenti. I colori scelti sono presenti nelle bandiere di tutte le nazioni; quindi, la loro combinazione simboleggia tutti i Paesi, mentre l’intreccio degli anelli rappresenta l’universalità dello spirito olimpico che dovrebbe accumunare tutti i popoli. Proprio partendo da tale assunto lo sport, dice Bergoglio: “Ha anche una grande forza sociale, capace di unire pacificamente persone di culture diverse”.
L’auspicio del pontefice è dunque che “questo evento possa essere segno del mondo inclusivo che vogliamo costruire e che gli atleti, con la loro testimonianza sportiva, siano messaggeri di pace e validi modelli per i giovani. In particolare – ha aggiunto -, secondo l’antica tradizione, le Olimpiadi siano occasione per stabilire una tregua nelle guerre, dimostrando una sincera volontà di pace”. Perché, potremmo dire, anche in questo caso, che l’importante è partecipare (in termini diplomatici) e non vincere, inteso come interrompere ogni conflitto. Ma in questo caso la vera vittoria sarebbe di fermarsi rispetto alla guerra, perché qualsiasi vita umana vale molto di più, nessuno escluso. In conclusione, la guerra è disumana, infatti come finanche affermava Erodoto: “Non esiste uomo folle al punto di preferire la guerra alla pace. In pace i figli seppelliscono i padri, in guerra sono invece i padri a seppellire i figli”.
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