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Le oche-agenti che difendono il carcere brasiliano

di Martina Melli -


A Santa Catarina, in Brasile, il Complexo Penitenciario do Estado (Cope) a Pedro de Alcântara – un carcere di massima sicurezza vicino Florianípolis che ospita oltre 1.300 detenuti – dal 2009 utilizza le oche come allarmi viventi. Le oche infatti, con il loro comportamento territoriale e i loro sensi sviluppatissimi, vanno a implementare i complessi sistemi di sorveglianza elettronica della struttura. Al minimo segnale, al minimo rumore sospetto come un tentativo di fuga, questi agenti pennuti scatenano l’inferno. Anche se non è chiaro quanti esemplari vengano utilizzati per lo scopo, le autorità carcerarie assicurano che ricevono cure e alimentazione adeguate.

Le oche sono state addomesticate per migliaia di anni, sono in grado di sviluppare un legame con gli esseri umani e allo stesso tempo sono note per una certa aggressività quando si tratta di difendere il territorio e il proprio nucleo di appartenenza. L’esempio brasiliano dunque non è nulla di nuovo soprattutto per noi e per la nostra cultura. Come dimenticare infatti le leggendarie oche del Campidoglio sacre a Giunone, che nel 390 a.C., all’alba del sacco di Roma da parte dei Galli di Brenno, starnazzarono a tal punto da svegliare l’esercito romano che corse in aiuto dell’ex console Marco Manlio e in difesa della città.

Il Cope di Santa Catarina ha solo riadattato un antico stratagemma. Tra una pausa e l’altra nel laghetto, le oche si aggirano lungo il perimetro della prigione pattugliando uno spazio verde tra la recinzione interna e il muro esterno principale. Piu-Piu è l’oca leader del piccolo stormo e guida le altre nella supervisione quotidiana . Quando gli agenti la chiamano per nome starnazza in modo caratteristico.

Il personale dice che la predisposizione di questi uccelli alla vigilanza le rende eccellenti animali da guardia, anche più dei cani. “Abbiamo la sorveglianza elettronica, la sorveglianza di persona e infine la sorveglianza delle oche, che hanno sostituito i cani”, parola del direttore del carcere Marcos Roberto de Souza, secondo il quale prendersi cura di uno stormo di oche è molto più conveniente che allevare mastini e segugi.


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