Attualità

Le mie pesche non cambieranno il mondo

di Redazione -


Parola mia – Le mie pesche non cambieranno il mondo.

di FRANCESCA ALBERGOTTI
“There is only one thing in the world worse than being talked about, and that is not being talked about”, faceva dire Oscar Wilde al suo Dorian Gray , frase tradotta dal nostrano Andreotti “nel bene o nel male, basta che se ne parli” e dallo stesso usurpata con tale fervore da far pensare che se la fosse inventata lui. Pare che in questo caso il corto di Esselunga con la pesca abbia brillantemente raggiunto l’obiettivo o “goal” come usa dire in comunicazione. Congratulazioni quindi all’agenzia, all’art director e al copywriter, al regista e anche all’Esselunga che alla fine ha detto “si” alla campagna. È sorprendente l’abbondanza di polemiche scatenate sulla lungimiranza dei creativi a rubare attimi di quotidianità proprio a una famiglia (davvero una pubblicità progresso)con genitori separati.

In Italia la quota di separati legalmente è quasi del 20%, sul totale delle famiglie e a questa percentuale va aggiunto l’esercito di poveri disgraziati che si separerebbero molto volentieri ma non possono perché: non saprebbero come pagare il mutuo cointestato, dovrebbero tornare a vivere nella cameretta nella casa dei genitori nel frattempo trasformata in piccola palestra o sala hobby per ormai gli indistruttibili anziani, a volte son donne e hanno paura di andare via perché il marito ha minacciato di ammazzarle in caso se ne andassero(talvolta anche le donne minacciano, di ammazzare sé stesse però), hanno solo una macchina, anche quella comprata a rate con un finanziamento che pareva vantaggiosissimo e invece le rate non finiscono mai, e serve a entrambi in alternanza per andare a lavorare e portare la figlia all’asilo, fare la spesa e andare a trovare la mamma con il Parkinson. Insomma sono famiglie nelle quali sia lei che lui andrebbero di corsa a vivere nella bella casa con il parquet della mamma della pubblicità della “Esse”, come dicono i milanesi doc,se solo potessero.

Il mio primo pensiero, quando lunedì sera ho visto il video trasmesso su Rai1 nostra rete ammiraglia appena prima della fiction di punta con la Tataranni,(spazio costosissimo immagino)non è stato tanto che i genitori fossero separati, quello che mi ha impressionato è stato l’aplomb della mamma in quel frangente. È facile perdere i bambini al supermercato se non li inchiodi al carrello promettendogli un Kinder, o un qualsiasi altro alimento pieno di zuccheri, che otterranno solo a condizione che non si tirino su dal seggiolino, e lo dico per esperienza perché io i miei, specialmente una, li ho persi ovunque, anche se per fortuna li ho sempre riscovati (mi pare mai con una pesca fra le mani, con altre cose sì). Il momento un cui ti accorgi di aver perso il bambino del quale sei responsabile è veramente orribile: le ginocchia si fanno molli, la testa comincia a girare e intanto fotogrammi agghiaccianti di bambini scomparsi e mai più ritrovati, investiti da una macchina, portati via da chissà chi ti scorrono nella mente togliendoti il respiro. I bambini che si perdono sono velocissimi, riescono a dileguarsi nel giro di un attimo.

Tu ce l’hai proprio lì accanto, che guarda un libriccino preso da uno scaffale, il tempo di compiacerti per quanto sia intelligente e precoce, socchiudi gli occhi beandoti di orgoglio materno e quando li riapri il bambino “pouf” sparito come il coniglio di un prestigiatore. Io una volta mi sono buttata letteralmente addosso a un vigile urlando e piangendo perché ne avevo perso uno in una piazza dalla quale partivano gli autobus e ero terrorizzata che il bambino ci fosse salito e già in viaggio per chissà dove. Il vigile si spaventò così tanto che chiamò a raccolta polizia carabinieri e anche la guardia di finanza che scorrazzando per la città me lo riuscirono a trovare, a pochi metri dalla piazza dove l’avevo perso, seduto in un bar con dei pensionati attorno che gli avevano regalato un lecca lecca per farlo star buono. E quando me lo riportarono io lo strinsi forte a me, lo sbaciucchiai colma di sollievo, ringraziai vigili, poliziotti e carabinieri e anche i pensionati del lecca lecca. Poi mi abbassai alla sua altezza e con ghigno feroce e occhio a fessura gli sibilai “Se lo rifai ti ammazzo. Ti ammazzo con le mie mani” e il tono di voce salì di qualche tono “Quante volte ti ho detto che non ti devi ALLONTANARE da me quando siamo fuori! Stavo per morire brutto deficiente che non sei altro. Da oggi tu sei in punizione e ancora non so cosa ma sarà una punizione terribile così la prossima volta ci pensi prima di andartene per i fatti tuoi”. Mi rialzai, gli afferrai la mano e lo strattonai fino a casa.

Ecco, questa è una reazione equilibrata a fronte di un avvenimento così grave. La mamma esselunga invece, dopo averla persa si mette a cercarla con flemma britannica nei corridoi della frutta e verdura e quando la trova non solo non dà alcuna punizione alla bambina fissata con la frutta per non farla mai più nascondere dietro gli scaffali dei negozi. Anzi, con una vocina suadente da fatina buona le dice “Ma ti pare?” poi le consiglia di ”Non farlo più” e alla fine le compra la pesca! Che è la causa per la quale la bambina si è persa… ma dov’è l’insegnamento? La prossima volta chissà, Emma avrà voglia di una banana e poi di un sedano e si nasconderà continuamente, da quel momento per la mamma esselunga la vita sarà un inferno. Se non bastasse le due tornano a casa, la casa quella con il parquet e i divani con le coperte morbide appoggiate sopra, e giocano tutto il pomeriggio divertendosi un sacco, come se niente fosse successo. E alla fine, quando la bambina deve scendere per salire nel Suv di papà (in famiglia due macchine, il Suv grande l’ha tenuto mamma e lui si è accontentato di quello piccolo) c’è l’apoteosi: la mamma finge di non vedere che la bambina si è insinuata in cucina per trafugare la pesca! No e poi no, la pesca doveva rimanere sul tavolo di tek della cucina. “Mi hai fatto prendere una paura da matti per questa pesca e io non te la do” Poteva anche aggiungere “fattela comprare da tuo padre la pesca, così fai prendere un po’ spaventi anche a lui e gli passa la voglia di fare ogni sera l’apericena al bar con il Mojito”. E ancora non sa, la mamma di Emma, che la bambina è già un po’ bugiardina.

Ecco, questo ho pensato io quando ho visto la pubblicità.
Anche la classe politica, oltre alla stampa e ai social che però lo devono fare di mestiere, ha sentito il dovere di esprimersi sul tema. Ma si dai, un po’ di leggerezza ogni tanto ci vuole. Purtroppo il senso di leggerezza è evaporato rapidamente, investito dalle solite polemiche pretestuose, proprio come accade nelle coppie che non vanno d’accordo e non si possono lasciare, quelle per le quali ogni scusa è buona per litigare, dalla carta igienica messa nel portarotolo al contrario o l’angolo dove uno butta i calzini prima di andare a letto. Qualcuno ha trovato la storia “bella e toccante” svelando “finalmente” al mondo la propria partecipazione verso quell’infanzia negata alla serenità a causa delle separazioni dei genitori, altri ne hanno fatto pretesto per rivangare “finalmente” il costo alto della frutta e delle liste d’attesa nella sanità pubblica, altri si sono addirittura scandalizzati perché questa campagna non porterà a vendere più frutta che ce ne sarebbe tanto bisogno (comunque vorrei ricordare che non è stagione di pesche, a fine settembre sono ormai un prodotto “fuori stagione”). Anche Calenda si è infuriato e aggiunge in coda a un suo tweet un post scriptum piuttosto duro “Siamo un branco di decerebrati e meritiamo l’estinzione” Addirittura! Il direttore Cerno la pesca la vuol regalare alla Schlein alla quale però va prima contestualizzato il gesto, in quanto pare che lo spot non l’abbia ancora visto. Lei non guarda la TV. Non ci sarà spesa che non sia importante, ma se neppure le poesie della Cavalli han potuto cambiare il mondo figurarsi una pesca comprata alla Esse.


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