Le liste d’attesa, un’emergenza ignorata che costa cara ai cittadini
Un incubo per milioni di italiani, fatto di tempi biblici, di rinunce, di cronicizzazioni: parliamo delle liste di attesa del Servizio Sanitario nazionale e degli sconcertanti numeri che sono emersi dal Rapporto civico sulla salute 2024 di Cittadinanzattiva. Un quadro drammatico: visite mediche che richiedono mesi, se non anni, per essere effettuate, e un numero crescente di cittadini che rinunciano alle cure per l’impossibilità di aspettare e, allo stesso tempo, non potersi permettere di rivolgersi al privato. Le attese spropositate per prestazioni essenziali, come un’ecografia o una visita oncologica di controllo, sono il simbolo di un sistema che sta crollando sotto il peso dell’inefficienza, della disorganizzazione e della mancanza di risorse.
Liste d’attesa: ecco i numeri
Numeri alla mano, un cittadino può aspettare fino a 480 giorni per una visita oncologica di controllo oppure, quasi 160 giorni per un intervento per un tumore alla prostata. Una situazione che è andata peggiorando, rispetto al 2019, quando la percentuale di chi rinunciava alle cure era del 2,8%, mentre oggi ha quasi raggiunto l’8%. Questo significa che il 7,6% della popolazione è costretto a scegliere tra il rischio di non curarsi e la possibilità di accedere a una sanità privata, spesso fuori dalla portata economica di molti. Inoltre, la quota della rinuncia alle prestazioni sanitarie cresce, fa sapere il report, con l’aumentare dell’età: nel 2023, partendo dall’1,3% rilevato tra i bambini fino ai 13 anni, la quota mostra un picco nell’età adulta tra i 55-59enni, dove raggiunge l’11,1%, per restare elevata tra gli anziani di 75 anni e più (9,8%). Tuttavia, l’incremento della rinuncia tra il 2022 e il 2023 riguarda solo la popolazione adulta (18-64 anni), che passa dal 7,3% all’8,4%. “Emerge una fotografia sofferente del Servizio Sanitario Nazionale” ha detto il ministro della Salute Orazio Schillaci, che ha parlato della necessità di “invertire la rotta”.
Tuttavia, il suo appello a un maggiore rigore e trasparenza non nasconde l’inerzia politica che ha caratterizzato gli ultimi anni. Come si può sperare in un cambiamento reale quando, come afferma lo stesso Schillaci, “alcune Regioni non hanno nemmeno speso i fondi stanziati dal Governo per ridurre le liste d’attesa”? E i Livelli essenziali di assistenza (LEA) non vengono aggiornati dal 2008? Alla questione già urgente si affiancano i pronto soccorso al collasso e le ore interminabili di attesa condite da un caos della gestione delle priorità: alla base non solo il sovraffollamento, ma anche la carenza di personale con oltre 4.500 medici e 10.000 infermieri mancanti in tutto il Paese. Un grave disagio che viene confermato dalle testimonianze dei cittadini, che attendono molte ore in Pronto Soccorso: si va da una media di 111 minuti per i codici bianchi a 147 per i codici verdi. La segreteria generale di Cittadinanzattiva, Anna Lisa Mandorino, è stata chiara: la sanità pubblica è stata trattata per anni come “un salvadanaio a cui attingere per tappare i buchi di bilancio del Paese”. La conseguenza è una sanità desertificata, povera di risorse e incapace di garantire il diritto alla salute sancito dalla Costituzione. “Allo stesso tempo – conclude – dobbiamo chiederci in che modo sono impiegate le risorse, visto che i Livelli essenziali di assistenza non sono ancora mai stati aggiornati e dal 2008 non si propone al Parlamento un Piano sanitario nazionale”, ha rimarcato.
I cittadini, intanto, sono costretti a pagare il prezzo più alto, con una sanità che, anziché essere un diritto garantito per tutti, sta diventando un lusso accessibile solo a pochi. Il rischio è perdere la sua funzione primaria della sanità pubblica: garantire salute e benessere a ogni individuo, indipendentemente dalla sua condizione economica o sociale.
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