Politica

Le giravolte di Matteo Renzi e la ricerca della coerenza perduta

di Giuseppe Ariola -

Matteo Renzi stasera a Pesaro alla festa dell’Unità, 28 agosto 2024. ANSA/Gianluigi Basilietti


Matteo Renzi non smette di stupire e, probabilmente, non la smetterà mai. Le giravolte del guascone fiorentino sono praticamente innumerevoli e – è giusto ammetterlo – certamente lo connotano come un fine politico, per quello che offre il panorama attuale, ovviamente. Le giravolte di cui è stato artefice e protagonista ormai non si contano più e, oltretutto, la narrazione che le ha sempre accompagnate ha motivato i vari posizionamenti politici dell’attuale leader di Italia Viva come dettati da scelte di coerenza. Da primo cittadino di Firenze per il centrosinistra Matteo Renzi dialogava in maniera privilegiata con Silvio Berlusconi che sedeva a Palazzo Chigi alla guida di un governo di centrodestra. D’altronde, il dialogo tra il Sindaco di una importante città italiana e il presidente del Consiglio in carica è una circostanza istituzionalmente coerente. Successivamente, da segretario del Pd, dopo soli due mesi al Nazareno, fece venire meno il sostegno dei gruppi parlamentari dem al governo guidato da Enrico Letta per riampiazzarlo. Il tutto in coerenza con il tweet indirizzato al compagno di partito che aveva ormai capito l’antifona: “Enrico stai sereno”. Da presidente del Consiglio fu artefice di una riforma costituzionale per il superamento del bicameralismo perfetto soggetta a referendum confermativo. Renzi, con il suo consueto fare da cui traspare tutto il suo essere tronfio, annunciò che in caso di sconfitta avrebbe abbandonato la politica. Coerentemente con le sue stesse parole, dal 2018 siede in quel Senato della Repubblica che la sua riforma voleva ampiamente ridimensionare, anche riducendone i componenti di oltre due terzi, ed ha fondato un suo partito. Acerrimo nemico del populismo grillino (qualche pregio doveva pure averlo) che lo ha fin dal primo momento messo nel mirino, in coerenza con un rapporto politico di reciproca disistima, scaduto anche in squallidi attacchi di natura personale, Renzi sostiene il governo Conte bis e ne fa parte integrante con una delegazione di Italia Viva. Poi ne è stato tra gli artefici della caduta a seguito della quale i rapporti con il Pd, che pure partecipava a quel governo, hanno raggiunto i minimi termini, al punto che anche solo l’ipotesi di un’alleanza alle elezioni politiche del 2022 provocava l’orticaria a entrambi. Da qui il tentativo di percorrere l’esperienza centrista in ticket con Azione di Carlo Calenda. Neanche a dirlo, una questione di coerenza, al punto di averla fatta durare giusto il tempo di essere rieletto al Senato. Poi la svolta, il vero capolavoro di coerenza renziana. Archiviata ogni ipotesi di vedere la propria pattuglia parlamentare inglobata nelle fila della maggioranza di centrodestra, intervenendo alla festa dell’Unità a Pesaro, Matteo Renzi torna sui suoi passi in pieno stile gioco dell’oca, raggiunge nuovamente il punto di partenza senza passare dal via. Dal palco pesarese, sospinto dal principio filosofico prima ancora che politico del “chi ha avuto, ha avuto, ha avuto, chi ha dato, ha dato, ha dato, scurdammoce ‘o ppassato”, il leader di Italia Viva ha invocato la riapertura del cantiere del campo largo, invitando Giuseppe Conte a superare le resistenze nei suoi confronti e, addirittura, tessendo le lodi di Elly Schlein. Proprio la segretaria del Pd, secondo Renzi, dovrebbe guidare la nuova alleanza di sinistra in chiave anti centrodestra e anti Giorgia Meloni.


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