Attualità

Le foibe tra resistenza patriota e comunista

di Francesco Da Riva Grechi -


Oggi, 10 febbraio, si celebra la giornata del ricordo, voluta fortemente dal Senatore di Fratelli d’Italia, Roberto Menia, con la legge che porta il suo nome (n. 92 del 30 marzo 2004), al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe e dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati (art.1).
La data prescelta è il giorno in cui, nel 1947, furono firmati i trattati di Parigi che sigillarono per l’Italia il disastro della pace, peggiore di quello della guerra. Se gli alleati rinunciarono infatti in gran parte alle loro pretese la Jugoslavia al contrario chiese ed ottenne tutto quello che voleva: l’Istria, il Carnaro, la città di Zara con la sua provincia e la maggior parte della Venezia Giulia, il Carso e l’alta valle dell’Isonzo fino a Salcano, in precedenza facenti parte dell’Italia, oltre a 125 milioni in dollari americani del 1938. Ma perché gli italiani di quelle terre, rese immortali dalle gesta della Serenissima Repubblica di Venezia, sono stati calpestati così selvaggiamente della brutalità dei partigiani di Tito con alle proprie dipendenze le brigate Garibaldi dei comunisti italiani?
Perché hanno dovuto pagare un prezzo così alto, del quale non si è potuto parlare per decenni, in sede di discussione del trattato di pace da parte delle Nazioni Unite?
Il motivo è che qui la resistenza, che altrove fu solidale in quanto guidata dagli angloamericani, nella Venezia Giulia e nell’Istria obbedì ad ordini di scuderia ben diversi. Le formazioni partigiane jugoslave, operative contro gli italiani già dagli anni ’30 per riconquistare le terre perse a favore dell’Italia nella grande guerra, dopo la distruzione, pagata molto cara, dell’impero asburgico, si ritrovarono, dopo l’8 settembre 1943, a ribaltare le sorti del conflitto, che in un primo momento aveva sorriso a tedeschi e italiani. E infierirono sulle popolazioni civili. Non si può tacere uno degli stupri più vigliacchi e infami della storia, perpetrato dai partigiani titini a danno di Norma Cossetto, 23enne studentessa, figlia del Podestà di Visignano, allora in Italia, oggi in Croazia, spogliata e legata ad un tavolo a partire dal 30 settembre 1943, ripetutamente violentata da diciassette aguzzini, con urla strazianti che si propagano nel circondario e gettata agonizzante ma ancora viva nella foiba di Villa Surani nella notte tra il 4 e il 5 ottobre 1943.
L’anno dopo, quando le formazioni partigiane italiane si erano ormai organizzate, il 22 novembre 1944 il leader del Partito Comunista Italiano, Palmiro Togliatti, ordinò ai partigiani delle brigate Garibaldi di passare alle dipendenze del IX Corpus Sloveno che, sotto la guida del Maresciallo Tito, doveva invadere la Venezia Giulia. Meglio la dittatura comunista e Jugoslava di Tito che la terra italiana agli italiani, fu in pratica l’ordine e con il fascismo chiaramente finito.
Non tutti i partigiani però obbedivano a Togliatti; si rifiutarono gli alpini della brigata “Osoppo” guidati dal capitano Francesco de Gregori, (“nome di battaglia Bolla”) romano e zio del noto e omonimo cantautore che insieme ai suoi uomini, tra cui Guido Pasolini il fratello di Pier Paolo, furono trucidati in un agguato nei boschi di Porzus, nell’udinese, il 7 febbraio 1945.


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