Esteri

L’ANALISI – Sovranità e libertà personale di un Capo di governo

di Francesco Da Riva Grechi -


Si può considerare di banale evidenza che la libertà personale del Capo di un Governo, democratico, legittimamente eletto, sia una questione che investe la sovranità nazionale di quello Stato, nonché, in linea di principio, di tutti gli Stati. Tutti sappiamo che quella libertà, di Benjamin Netanyahu, è oggetto di un ordine di cattura da parte della Corte Penale internazionale per contestazioni relative al comportamento dei soldati israeliani nella guerra contro Hamas, organizzazione militare terroristica palestinese, in reazione alla strage del 7 ottobre 2023. Sostanzialmente, si contestano crimini di guerra e violazioni del diritto internazionale umanitario, nonché dei diritti umani dei civili palestinesi. Si dimentica tuttavia che la sicurezza dello Stato guidato da Benjamin Netanyahu era stata compromessa dall’attacco terroristico di Hamas e l’intervento militare obbligato. Ma una volta impostato il discorso, come si può giustificare una restrizione così macroscopica della libertà e della sovranità di uno Stato da parte di un organismo giurisdizionale? Come può, nel conflitto tra l’organo di governo politico di una democrazia e una Corte Internazionale, soccombere il primo? La prima conseguenza dell’ordine di arresto è che Netanyahu non potrà mai più venire in Europa, in Italia, per sedersi ad un tavolo di pace. In pratica si potrebbero svolgere trattative solo in Israele ed è ovvio che questo la parte palestinese non lo accetterebbe mai. Con la decisione della Corte quindi non solo non si ferma la guerra, che obbedisce a tutt’altre logiche, assolutamente disomogenee, rispetto a quelle della Corte, ma si impedisce anche l’avvio di un qualsiasi negoziato diretto tra le parti fuori dal territorio di Israele, l’unico nel quale il primo ministro Netanyahu possa ritenersi in libertà. Su questa testata, chi scrive, aveva già ironizzato sulle conseguenze delle decisioni della Corte Penale Internazionale a proposito dell’ordine di arresto ai danni del Presidente Russo Vladimir Putin. Si evidenzia allora che si era posto un ostacolo insormontabile al libero esercizio, da parte di uno Stato sovrano, delle prerogative diplomatiche, le uniche che possano fermare davvero gli eserciti. Si ritiene invece, anche a proposito di Netanyahu, che un organo di giustizia internazionale non debba avere il potere di bloccare un dialogo che sarebbe assolutamente indispensabile. Non si dice in questa sede, di smantellare la Corte o di abolire tutto il diritto internazionale umanitario, si dice solo che, in determinate circostanze, il potere di cancellare la libertà personale di un capo di governo e quindi la sovranità di uno Stato democratico, deve essere limitato, in maniera da non sostituire una decisione di uno o pochi magistrati a tutta la politica e la diplomazia internazionale. Non si tratta solo di una questione filosofica, sul rapporto tra politica e magistratura internazionale, bensì soprattutto di una questione pratica, del limite da porre al potere di bloccare iniziative di pace sulle quali non può avere nessuna competenza una Corte giurisdizionale. Almeno per tutto il tempo durante il quale gli avvenimenti sono in corso e la crisi non è risolta la Corte non dovrebbe avere il potere di ordinare degli arresti di capi di Stato in carica bensì solo di svolgere degli accertamenti.


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