L’accusa del Pg Tarfusser: “Csm, sistema allo sbando”
epa07285962 Presiding Judge Cuno Tarfusser enters the courtroom of the International Criminal Court in The Hague, Netherlands, 15 January 2019, where judges were expected to issue rulings on requests by Gbagbo and an ex-government minister Charles Bee Goude to have their prosecutions thrown out for lack of evidence. EPA/PETER DEJONG / POOL
“Lascio la magistratura senza rimpianti perché è un sistema allo sbando. Sono contento di essere rimasto fino all’ultimo per testimoniare e denunciare dall’interno, consapevole di avere dato tutto me stesso in quarant’anni di carriera”. Quello di Cuno Tarfusser (nella foto), che compirà 70 anni il prossimo 11 agosto, quando andrà in pensione, più che uno sfogo, come in apparenza potrebbe sembrare dopo la sanzione della “censura” (“la considero una medaglia”, dice) inflittagli dalla sezione disciplinare del Csm per la gestione del fascicolo sulla strage di Erba, di cui come sostituto procuratore generale di Milano aveva sollecitato la revisione, ma senza rispettare le procedure dell’ufficio suscitando la reazione del procuratore generale, è un’analisi sullo stato della giurisdizione. Pubblico ministero a Bolzano fino al 2008 quando lasciò l’ufficio da Procuratore capo per essere nominato giudice della Corte Pernale Internazionale all’Aja, incarico che ricoprì fino al 2019 quando rientrò come sostituto procuratore generale alla Corte d’Appello di Milano, Tarfusser ha sempre fatto dell’indipendenza e dell’autonomia la sua stella polare.
E anche per questo gode di stima anche a livello internazionale per le sue indagini contro i crimini contro l’umanità. Autonomia e indipendenza “innanzitutto verso l’interno, verso le «sette» che hanno cercato in ogni modo di distruggermi – aggiunge -, ma non ci sono riuscite”. Tarfusser osserva che “dopo lo scandalo Palamara abbiamo quello Natoli”, l’avvocatessa Rosanna Natoli indicata da FdI come componente laica del Csm, relatrice del suo caso davanti alla Disciplinare, finita nella bufera per avere incontrato privatamente la giudice Maria Fascetta Sivillo, cui sono stati inflitti 3 anni e mezzo di reclusione in primo grado a Catania, e che ha registrato il colloquio e tramite il suo avvocato Taormina l’ha consegnato al Csm innescando un’inchiesta della Procura di Roma a carico di Natoli che ha preannunciato le dimissioni dall’organo di autogoverno dei magistrati. Il caso Natoli per Tarfusser, che ha scritto una nota all’Ansa, dimostra che “non c’è pace per l’organo di autocrazia della magistratura, gestito con molto rigore dalle quattro correnti o meglio dalle quattro «sette» di cui si compone il potere giudiziario”. Anche dopo la vicenda Palamara per il magistrato “continua imperterrito il vergognoso mercimonio, qualitativamente al ribasso, degli incarichi, e viene alla luce anche il marciume della sezione disciplinare”. Tarfusser sottolinea che “ovviamente lo si sospettava. Perché mai, infatti, gli stessi signori e le stesse signore (si fa per dire) che distribuiscono uffici, prebende e privilegi agli amici e agli amici degli amici, dovrebbero assumere una verginità quando dal distribuire passano al giudicare? Attraverso la registrazione di un colloquio privato tra un giudice disciplinare e un’incolpata, il sospetto è ora diventato certezza e l’indignazione massima”. Tarfusser attacca affermando che “per me lo è ancora di più considerando che questa Natoli era la relatrice del mio procedimento disciplinare.
Era colei che si sarebbe (il condizionale è d’obbligo) dovuta studiare il mio caso relazionando il collegio. Trovo di inaudita gravità essere stato giudicato e condannato alla «censura» da una persona, da una sezione disciplinare, che interpreta le norme e giudica in base all’appartenenza, o meno, ad una delle quattro «sette» e all’aiuto che si dà, o meno, agli amici e agli amici di amici”. Tarfusser è in aspettativa dopo essersi presentato come candidato di Azione alle recenti elezioni per il Parlamento Europeo senza essere stato eletto. “E cosa fa la politica adesso? Anziché ridurre da due terzi a un terzo i rappresentanti della magistratura nel Csm per rendere innocue le quattro «sette», addirittura le rafforza triplicando gli organismi di una sempre più perversa e invasiva gestione del potere giudiziario nella giurisdizione. Lo fa creando due Csm e un’Alta Corte disciplinare (perché mai Alta?) prevedendo in tutti e tre la maggioranza di due terzi di magistrati. Ovvero, dalla padella alla brace”.
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