Editoriale

La visione di Giorgia: Mediterraneo tricolore

di Adolfo Spezzaferro -


La dimensione geopolitica dell’Italia è quella di ponte nel Mediterraneo. Non bisogna scomodare la Chiesa e i Papi per ricordare che i ponti uniscono e non dividono. Premessa necessaria perché è in questo quadro che rientra l’azione del governo italiano sul fronte dei flussi migratori dall’altra sponda del Mediterraneo verso l’Europa, attraverso quel ponte che è l’Italia. Azione, quella della premier Giorgia Meloni, che ieri è intervenuta al Trans-Mediterranean Migration Forum a Tripoli, che vuole innanzitutto combattere l’immigrazione illegale. Perché sono i clandestini i primi a danneggiare i migranti legali. La cooperazione italo-libica rientra quindi in un approccio a 360 gradi – come sottolineato dalla premier – che punta proprio a salvaguardare chi ha tutto il diritto di sbarcare in Italia. Ecco perché è necessario aumentare l’efficacia della “lotta alla tratta di esseri umani, perché quello che le Nazioni Unite ci dicono è che il traffico di esseri umani è oggi uno dei più potenti traffici criminali del mondo. Ci sono persone che fanno tantissimi soldi sfruttando la disperazione delle persone fragili, e non lo possiamo permettere, perché queste organizzazioni stanno diventando molto potenti, disinteressandosi dei diritti umani e delle persone coinvolte. Anche perché la migrazione illegale è nemica di quella legale”, ha ribadito la Meloni. Altrimenti, il risultato è che non può più entrare nessuno, neanche chi ne ha ogni diritto. Lotta dura dunque a chi organizza i viaggi sui barconi, così come a chi recupera “su appuntamento” i barconi in mezzo al mare per sbarcare i clandestini in Italia. Perché, ha ricordato la Meloni, “non possiamo permettere che siano le organizzazioni criminali a decidere chi ha il diritto o meno di vivere nei nostri Paesi”. Il problema però è a monte, all’origine. Per eliminare l’immigrazione illegale è necessario “creare una nuova cooperazione, penso soprattutto tra l’Europa e l’Africa”. Ma attenzione, la premier ha chiarito che non crede che “l’approccio caritatevole sia quello giusto, cioè ‘ok, cercherò di salvarti in qualche modo’”. Il modo giusto di cooperare è tra pari, una cooperazione strategica. Voglio dire che si tratta di portare investimenti per risolvere i problemi di entrambi”. E qui la Meloni coglie il punto e indica la via vincente per l’Italia. “Farò un esempio per semplificare: l’energia. Stiamo affrontando molte crisi, ma ogni crisi nasconde anche un’opportunità. Ora abbiamo un problema di fonti energetiche in Europa; il Nord Africa, ma tutta l’Africa è potenzialmente un enorme produttore di energia, per se stessa principalmente, ma che potrebbe anche esportare. L’Italia è interessata perché è la ‘porta’. Quindi, si tratta di concentrare i nostri sforzi su una strategia che lega i nostri destini per il futuro; non è una cosa che facciamo per sei mesi o per tre mesi, è qualcosa su cui vogliamo crescere insieme”. “Così – ha spiegato la premier – l’Italia ha deciso di dare il buon esempio con il suo Piano Mattei per l’Africa. Abbiamo scelto alcuni temi – energia, infrastrutture, agricoltura, acqua, istruzione, salute – iniziando con alcune nazioni e poi allargando le best practice, coinvolgendo anche il settore privato – quindi, risorse pubbliche e private”. Una visione, un progetto a prova di critiche delle opposizioni (spesso su posizioni immigrazioniste). Il messaggio è forte e chiaro: i soldi veri si fanno non con il business dell’accoglienza ma con lo sviluppo nelle terre d’origine dei migranti.


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