La trappola di Tucidide
La trappola di Tucidide. I cinesi vogliono fare figli, gli occidentali hanno smesso da tempo. C’è una potenza emergente che sfida una potenza consolidata. Pechino contro Washington. Una sfida che ricorda Sparta e Atene. La guerra la vinse Sparta, ma l’intera cultura ellenica cessò di dominare il mondo. È una lezione che dobbiamo avere bene a mente quella che il professor Graham Allison, della John F. Kennedy School of Government di Harvard spiega nel suo ultimo libro e che l’Osservatorio monetario approfondisce descrivendo proprio i rapporti fra Cina e Stati Uniti in termini di trappola di Tucidide.
La questione è come il fenomeno del conflitto tra una potenza egemone ed una emergente, antico quanto la storia, molto spesso sfocia in un conflitto armato fra le parti. E cosi la guerra del Peloponneso, dal 431 aC al 404 aC., spiegata dallo storico Tucidide come la conseguenza della “forte ascesa di Atene e della paura che questa instillò in Sparta”, rendendo la guerra inevitabile, è stata un modello di polemos per secoli.
E negli ultimi 500 anni la medesima situazione si è ripetuta sedici volte, generando 12 volte un conflitto armato distruttivo. I più celebri sono di sicuro la rivalità fra la Francia e l’Inghilterra nel XVII e XVIII secolo, e quella fra la Germania e l’Inghilterra che sfociò nella Prima guerra mondiale e poi negli anni Trenta dello scorso secolo fra il III Reich e il Giappone da una parte e la Francia, l’Inghilterra e gli Stati Uniti dall’altra, che condusse alla Seconda guerra mondiale.
Solo in cinque casi, spiega Allison, “l’ascesa di una potenza emergente non si è trasformata in una guerra armata”. Fra questi ricordiamo la rivalità fra la Spagna ed il Portogallo nel XV secolo, fra gli Stati Uniti e l’Inghilterra nel XX secolo, e fra gli Stati Uniti e l’URSS, che non andò oltre a quella che venne definita guerra fredda, perdurata per quattro decadi. Che capiterà stavolta? Allison riflette sul fatto che sia Xi Jinping che Donald Trump hanno promesso di rendere i loro paesi “di nuovo grandi” e come Biden contrariamente a certe aspettative, non ha fatto che confermare il conflitto commerciale e tecnologico in atto oramai da tempo.
A meno che la Cina non sia disposta a ridimensionare le sue ambizioni o Washington non accetti di giocare un ruolo di comprimario, almeno nel Pacifico, per il professore, “as usual”, la risoluzione è data dal conflitto. Conflitto che l’osservatorio monetario, che fa i conti in tasca a questa teoria geopolitica, definisce ormai totale anche a livello valutario. Confermando il rischio da diverse angolature, dalle valute usate nella fatturazione degli scambi commerciali, a quelle degli altri strumenti finanziari emessi a livello internazionale (crediti, bonds etc.), dalle riserve ufficiali ai sistemi di messaggistica e clearing (Swift Chips), fino alle valute digitali di banche centrali. Il tutto mentre negli ultimi tre decenni la Cina cresce a doppia cifra, portando il peso del suo Pil dal 2% al 18%. Conflitto o pace? La trappola di Tucidide è lì pronta a scattare.
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