La strategia di Meloni per le Europee e quell’aiutino dai 5S
LA PRESIDENTE DEL CONSIGLIO GIORGIA MELONI
LA STRATEGIA DI MELONI PER LE EUROPEE E QUELL’AIUTINO DAI 5S
di EDOARDO SIRIGNANO
Missione statista. A Meloni non basta essere il primo presidente del Consiglio donna. Giorgia vuole di più. Sogna di diventare la Merkel di cui necessita un’Europa senza riferimenti. Per fare ciò, però, serve andare oltre la destra. Fratelli d’Italia non deve essere più la casa dei sovranisti, ma dei conservatori. Un luogo, quindi, dove possono sentirsi a proprio agio cattolici, liberali e centristi di ogni genere sparsi per il continente.
Per realizzare questa sfida, però, occorre un’ulteriore prova di forza: toccare o addirittura superare quella fatidica soglia del 33 per cento. Un’impresa non impossibile per una forza che non paga troppo lo stare a Palazzo Chigi. Il problema, piuttosto, è un altro. Per raggiungere certe soglie occorre rosicchiare consenso a quegli alleati indispensabili per governare. Ciò, quindi, può rappresentare un rischio sia per la stessa tenuta della esecutiva che per quella manovra, fondamentale per far ripartire lo sviluppo dell’Italia. Ecco perché quello della prima donna della Garbatella è un rischio non da poco.
Non è detto, poi, che una vittoria schiacciante a Bruxelles corrisponda obbligatoriamente a un futuro roseo. Renzi è arrivato al 40 per cento ed è stato poi schiacciato da un semplice referendum. Stessa sorte è toccata a quella Lega di Matteo, che all’alba risponde signor sì e al tramonto trame contro chi ha rubato il sogno di un nuovo Arcore. Per attualizzare quel progetto, non riuscito neanche a Silvio, Giorgia deve avere prudenza. Non sono permessi errori. Una vittoria schiacciante e in solitaria di FdI potrebbe indebolire una maggioranza, che si prepara ad affrontare uno degli inverni più difficili della storia, considerando l’inflazione e le conseguenze del conflitto in Ucraina. Allo stesso modo, servono dei “piani b” qualora Lega e Forza Italia dovessero alzare troppo la voce.
Un aiuto, in tal senso, potrebbe arrivare proprio dal Movimento 5 Stelle. Nel caso in cui il Pd dovesse raggiungere la soglia del 23 per cento, obiettivo difficile ma non impossibile, Giuseppe Conte si sentirebbe solo tra i progressisti e quindi potrebbe consolidare quel patto con FdI, che da mesi condiziona le scelte dei palazzi. Basta osservare quanto è successo in Rai o sul caso Santanché, dove i gialli hanno dimostrato una non scontata desistenza. Altra ruota di scorta per la premier, poi, potrebbe essere quel Renzi da Firenze che sogna di diventare il nuovo Silvio. Nel caso in cui FdI non riuscisse ad assorbire Tajani e compagni, il giglio potrebbe diventare più di una semplice alternativa.
Detto ciò, il grande partito conservatore, senza ombra di dubbio, lascia uno spazio a destra. C’è un elettorato sovranista che si dividerà tra il Carroccio e appunto qualcosa di nuovo. La prova evidente di ciò è il boom di vendite per l’ultimo lavoro di Vannacci. C’è un popolo che non si ritrova con la svolta a centro di Giorgia, con l’atlantismo esasperato e con una linea troppo clericale. Il partito di Alemanno e del generale certamente non può andare oltre il dieci per cento, ma potrebbe comunque ritagliarsi un orticello in grado di dar fastidio a chiunque. Non sarà facile per Meloni, infatti, dare risposte a quegli elettori che speravano che la premier diventasse un Almirante 2.0 e non una brutta copia tra l’ex cancelliera e De Gasperi. Questo può piacere e non poco al Rotondi di turno, ma non a parte dell’Msi, che si aspettava altro da uno dei prodotti migliori di Colle Oppio.
Si preannuncia, quindi, un autunno freddo dal punto di vista climatico, ma caldo in termini politici. Le due grandi protagoniste della politica nazionale, Elly&Emme, sfrutteranno ogni energia a disposizione per arrivare al meglio a Bruxelles. Solo così in Italia potrà esserci una sfida modello americano, dove i democratici proveranno a superare i conservatori, ovviamente tutto in salsa rosa. Ciò sarebbe una bella novità per gli studiosi della governance. Il percorso, però, è in salita. I partitini, vedi il Renzi di turno o quelli che lo potrebbero diventare a breve, come il M5S se non darà la scossa auspicata, non rinunceranno alla loro esistenza senza combattere. La battaglia sulla soglia di sbarramento al 4 per cento vale più di mille parole.
A parte le dichiarazioni di facciata, l’eterogeneità del nostro sistema conviene a tanti. Gli interessi sono molteplici. Potremmo trovarci, quindi, a un duello insolito tra Palazzo Chigi, il nuovo Pci che spera di risorgere da solo e un mondo corporativista che non vuole essere assorbito da un nuovo partito conservatore o peggio ancora dalla grande casa dei compagni 2.0. Questo è un orizzonte che fa paura a tanti. La storia insegna. Lo stesso Berlusconi quando ha provato ad andare oltre il Pdl è stato fermato dalla finanza, dagli interessi di chi preferisce che la torta sia divisa in più parti. Detto ciò, il gigante e la bambina, come qualcuno ha chiamato Meloni e Crosetto, non rinunceranno l’unico tabù da sfatare, considerando che la loro creatura l’ha spuntata ovunque.
Torna alle notizie in home