La strage nell’Eni di Calenzano, lacrime e sciacalli
Vincenzo Martinelli, Carmelo Corso, Gerardo Pepe, Franco Cirielli e Davide Baronti erano cinque autotrasportatori e sono morti nell’esplosione avvenuta lunedì nella raffineria Eni di Calenzano: la conta delle vittime è finita con il recupero del corpo dell’ultimo disperso, mentre continua il calvario dei 26 feriti. La Procura della Repubblica di Prato ha aperto un fascicolo per omicidio colposo plurimo, lesioni colpose aggravate dalla violazione delle norme sulla sicurezza sul lavoro e disastro colposo. E ha dato incarico, per questa strage, a due periti esplosivisti che lavorarono su un’altra strage, quella di Capaci.
Un minuto di silenzio per commemorare le vittime in Senato, dove si discuteva il disegno di legge su concorrenza e mercato. Anche a Montecitorio il cordoglio per morti sul lavoro la cui piaga – dice il presidente della Camera Lorenzo Fontana – “è una “piaga che persiste: bisogna tentare in tutti i modi di farla finire. Su questo c’è un impegno bipartisan”.
L’Eni ha fatto sapere che “è assolutamente prematuro ipotizzare la natura dell’esplosione”, l’accerteranno le verifiche tecniche. Chi non sembra avere dubbi è il segretario della Cgil Maurizio Landini che in una lunga nota, senza mai nominare l’Eni, se la prende con “le lacrime del giorno dopo” per “drammatiche stragi sul lavoro e sempre in siti gestiti da grandi imprese, dove, spesso, si intrecciano ditte esterne, appalti, subappalti e sono resi poco trasparenti i confini delle responsabilità, a partire dall’impresa committente”. E poi attacca la logica del risparmio e del profitto delle imprese, oltre a quella “burocratica” del governo nell’affrontare la questione. Non si legge da nessuna parte, però, una necessaria riflessione dei sindacati, nemmeno da parte di Landini, sul ruolo che proprio e pure le organizzazioni dei lavoratori hanno nel sistema di garanzia della sicurezza sui posti di lavoro.
Otto mesi fa, dopo la strage ormai dimenticata della centrale idroelettrica di Suviana chiedemmo invano a Enel, Inail, Cgil, Cisl e Uil quali azioni concrete erano state messe in campo dopo uno specifico protocollo da tutti loro firmato e strombazzato per affermare la sicurezza sui posti di lavoro nelle centrali elettriche. Le “lacrime del giorno dopo”, insomma, sono “insopportabili” in più di un ambito della vita di questo Paese.
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