Politica

La sinistra scopre l’acqua calda: Arianna Meloni è in campo da 10 anni

di Edoardo Sirignano -

GIORGIA MELONI CON LA SORELLA ARIANNA


di EDOARDO SIRIGNANO

Arianna Meloni da sempre è il capo di Fratelli d’Italia. La sorella della premier nel posto più alto della segreteria, quindi, è una non notizia. A differenza di come pensa chi non conosce la politica, è stata la sorella di Giorgia a fondare l’attuale primo partito nel Paese, non viceversa. Stiamo parlando di chi ha sempre deciso tutto, senza aver avuto alcun ostacolo. Con l’insediamento del governo non è cambiato nulla nella tanto discussa piramide del soggetto politico.

La prima inquilina di Palazzo Chigi, considerando i suoi impegni nazionali e non solo, ha semplicemente sentito l’esigenza di dare un ruolo formale a una figura, che senza se e senza ma, ha condizionato le scelte di una forza, nata non da molti e quindi fatta a misura di chi l’ha creata, dove forse Arianna ha comandato probabilmente più della sorella. Una sinistra, rimasta senza argomentazioni politiche, pertanto, sollevando tale vicenda e utilizzandola per scagliare dardi contro l’esecutivo non fa altro che scoprire l’acqua calda. È un decennio che la sorella maggiore di Giorgia, nella politica come in famiglia, ha quel ruolo. La guida di FdI, pertanto, per chi conosce quell’universo o meglio ancora la scalata di quel gruppo dirigente, può essere considerata il processo più naturale possibile.

Il vero interrogativo, quindi, è: ha più senso, affermarlo o far finta che non è vero? Sembra strano, ma quella della premier è una scelta che cancella l’ipocrisia, una decisione all’insegna della trasparenza e del rapporto con gli elettori. Polemizzare su tale aspetto, dunque, non fa altro che indebolire la minoranza che dimostra di essere concretamente un’opposizione, che non conosce l’avversario. Nella politica di una volta, c’era il nepotismo inverso, né si tratterebbe di un’eccezione per una parte che di casi Meloni ne ha da vendere. Vedi quello dei fratelli Ciriani, uno sindaco e l’altro ministro, ma di esempi se ne potrebbero fare tanti altri.

Discorso diverso, invece, è dire che Meloni non abbia sfruttato un’opportunità per ricompattare un gruppo minacciato dalla rivolta della destra sollevata da Alemanno. Dare in questo momento, ad esempio, uno spazio al sempre ribelle Rampelli avrebbe rappresentato un’occasione per ricompattare un contenitore che ha bisogno di unità. I pericoli, stavolta, non sembrano venire dall’esterno per chi è ancora in luna di miele, ma piuttosto dall’interno. Se la sinistra non riesce a parlare la stessa lingua di chi non riesce ad andare avanti, c’è chi soffia sul fuoco della disperazione. Stiamo parlando di quelle forze anti-sistema a destra che da mesi aspettavano l’attimo giusto per farsi avanti e diventare la voce dell’Italia che pensa di essersi impoverita per pagare armi a Zelensky. Questo è lo spaccato politico di fronte a cui siamo.

Ecco perché la premier, che invece ha bisogno di accreditarsi in Europa e nel mondo, doveva sfruttare questa fase non per la forma, ma per mettere l’osso in bocca a qualche scontento. Così forse avrebbe frenato una destra che vuole essere tale e non partito conservatore, come invece sogna appunto la famiglia Meloni. Il modello Crosetto, l’alleanza con il Ppe non piace a un mondo che vuole tornare alle origini. Allo stesso tempo, però, è plausibile che questa scelta degli incarichi sia dovuta al fatto che la Meloni abbia voluto dire noi questi siamo, non vogliamo altri, come il Vannacci di turno e quindi andiamo avanti con quel progetto di cambiamento, che non ha nulla a che vedere con quanto prospettato da alcune frange estreme che rischiano di portare solo l’acqua al mulino dell’Alemanno di turno. Nel caso in cui quest’ultimo dovesse essere eletto a Bruxelles, certamente non potrebbe sostenere il peso di frange estreme, che nulla hanno a che vedere con quel modello che lo ha portato negli anni passati a diventare ministro dell’Agricoltura e sindaco di Roma.

Chi polemizza dovrebbe, piuttosto, chiedersi quali saranno i tempi per la svolta voluta da Giorgia. Perdere giorni, infatti, vuol dire lasciare spazio a un Salvini, che sfrutta i venti facili del populismo e soprattutto a qualche furbetto, vedi il Renzi di turno, che intende dalla sera alla mattina, mettere il cappello su quel che è rimasto del grande impero berlusconiano. Senza un nuovo Silvio difficile che possa restare in vita. Meloni sa benissimo che non basta affidare una corrente del suo partito al Tajani di turno per dormire sogni tranquilli.


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