“La sinistra parli a una voce nelle piazze e in Parlamento”
GIANFRANCO PASQUINO PROFESSORE EMERITO UNIVERSITA' DI BOLOGNA
“Schlein dovrà saper trasferire le istanze della piazza in Parlamento, dare energie a un partito spento, recuperare le istanze di quegli operai che votano Lega”. A dirlo Gianfranco Pasquino, professore emerito di Scienza politica e autore del libro “Tra scienza e politica. Una autobiografia” (Utet).
In piazza si ritrovano Conte, Schlein e Bonaccini. È un segnale?
Significa che condividono finalmente qualcosa in comune. Manifestare un po’ contro l’antifascismo fa sempre bene. Se non trovano, però, un’intesa sui programmi, l’alleanza non riusciranno a farla.
Quali sono le priorità su cui trovare la convergenza?
Secondo quanto detto, Schlein e Conte dovrebbero trovarla soprattutto sul reddito di cittadinanza, magari riformulato, sul combattere alcune disuguaglianze, su una scuola migliore. Sarebbe bellissimo, poi, se trovassero una posizione unica anche per quanto riguarda la politica estera.
I dem sono disposti a fare un passo indietro sulle armi a Zelensky?
Il tema è delicato. Il Pd è sostanzialmente favorevole a dare le armi agli ucraini, ha sempre votato in questo modo. La richiesta di Conte sarebbe discriminante.
È stato tra i primi a credere in Schlein. Perché l’ha spuntata su Bonaccini?
La risposta semplice è perché è più brava. Quella più articolata è che il governatore dell’Emilia è stato percepito come la continuità. Il Pd, invece, aveva bisogno di un cambiamento, a partire da una leadership maschile e troppo spesso maschilista. Al contrario, ora ce ne una femminile e femminista. Il passaggio da uomini di mezza età a una donna che non ha neanche quaranta anni è importante. Sono aspetti che forse riescono a suscitare curiosità, sostegno, non solo in altre donne, ma anche nei giovani. Questa è in parte una proposta di Schlein, in parte una scommessa.
Una donna a capo della sinistra può battere Meloni?
Non è una questione di donne. C’è una leadership sulla sinistra in grado di sconfiggere quella del presidente del Consiglio? Allo stato non lo sappiamo. Schlein certamente si impegnerà al massimo in questa direzione. È possibile che si crei una competizione molto più intensa di quella che sarebbe venuta fuori tra Bonaccini e Meloni.
Ha detto, in precedenza, che la sinistra deve tornare a essere sé stessa. Quali i tempi? Magari le prossime europee?
In queste elezioni solitamente il Pd va bene perché percepito come partito europeista, che ci crede. Diciamo, quindi, che ha un leggero vantaggio. Detto ciò, la scelta delle candidature è molto utile per ottenere consensi. Si vota con un sistema proporzionale per cui l’elettore sa che il suo voto conterà in maniera specifica. Questo dovrebbe essere un elemento positivo per la sinistra.
Gialli e rossi correranno insieme?
Queste elezioni richiedono che ciascuno corra per sé. La posizione di Conte, poi, non è così europeista come quella dem. Credo, pertanto, che non ci sia alcuna probabilità che corrano insieme. Se lo facessero, sarebbe un errore molto grave.
Come giudica il Terzo polo creato da Renzi e Calenda?
La trovo una brutta cosa, fatta per addentare pezzetti del Pd, per cercare di strappare un po’ di consenso, vaneggiando cose che non esistono. Non stiamo parlando di polo liberale riformista, ma piuttosto di due persone che sono state premiate dal Pd e approfittano della loro popolarità. Il Terzo polo non è destinato a durare molto a lungo. Serve solo ad acquisire cariche e potere. Le mosse di Renzi e Calenda non mi sono apparse intelligenti. Sono solo un elemento di disturbo.
Fioroni e Marcucci, intanto, sono casi isolati?
Marcucci era davvero uno dei grandi collaboratori di Renzi. Fioroni è un caso isolato.
Tornare in strada, intanto, potrebbe essere la strategia per riprendersi quella piazza antisistema, al momento senza particolari riferimenti…
Bisogna tornare a essere riferimento per forze che non si sentono rappresentate, non antisistema. Queste sembrano non aver ancora deciso chi sia in grado di portare avanti determinante istanze. Spero che riescano a comprendere che l’astensione non è solo negativa per chi non riceve la preferenza, ma anche per chi rinuncia a esprimersi. Chi si astiene, non conta.
È un caso che l’astensione proviene più da sinistra che da destra?
C’è stata grande insoddisfazione nel precedente esecutivo. Molti hanno visto l’incapacità della sinistra nel portare avanti alcuni temi, una disponibilità a essere troppo subalterni, qualche volta allo stesso Draghi. Pur facendo molto bene, non era molto ricettivo alle istanze di Pd e M5S. Qui c’è stata una spinta a dire non avete fatto bene e quindi non vi votiamo. Una valutazione che non condivido. Un errore comprensibile, ma non giustificabile.
Qualcuno ha definito la stagione Letta come quella dell’indistinto…
La politica è certamente trovare collaborazioni, esprimere idee sobrie e decenti, ma qualche volta richiede conflittualità, alzare i toni, cercare di imporre posizioni. Ecco perchè l’essere troppo signore di Letta non è bastato. Schlein mi sembra molto più determinata, aggressiva, capacità importanti in una politica in cui bisogna combattere per ampliare il proprio spazio.
Elly, partendo da Firenze, può riprendersi la guida di un gregge senza pastore?
Certamente! Dovrà saper trasferire le energie della piazza in Parlamento, convincendo coloro che fanno parte di un partito a essere più energici. Nel dibattito che ha portato all’elezione di Schlein, è mancata una riflessione vera su che tipo di soggetto bisogna avere, su come organizzarlo, su quali attività svolgere, sui tipi di rapporti da costruire. Nessuno, ad esempio, ha pronunciato una parola chiave: sindacati. Possibile che un partito di sinistra come il Pd non riesca ad avere un rapporto con questi e viceversa, in particolare la Cgil, non cerchi un confronto con i dem, ma continui a fare le sue battaglie da sola. La sinistra così avrà notevoli difficoltà.
Il Pd, intanto, è il partito che ha candidato più sindacalisti alle politiche…
Vero! Quelle energie, però, non si sono trasferite, non sono state tradotte in attività per la costruzione del consenso. Sappiamo, ad esempio, che c’è una percentuale, non piccola, di operai che vota per la Lega.
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