La sicurezza tra destra e sinistra, la differenza la fa la non violenza
Le forze di polizia e le Autorità di Pubblica Sicurezza, oggi garantiranno che le celebrazioni per l’80 esimo anniversario della Liberazione dal nazifascismo si svolgano in sicurezza e senza incidenti, in costanza del lutto nazionale e con centinaia di migliaia di pellegrini in arrivo a Roma per l’ultimo saluto a Francesco, il Papa della pace che ha posto l’accento sulle diseguaglianze del mondo. Domani i poliziotti e i militari garantiranno che i funerali di Papa Francesco siano celebrati in sicurezza, alla presenza di 130 delegazioni straniere, fra sovrani, capi di Stato e di Governo dei cinque continenti, mentre domenica si celebrerà il Giubileo degli adolescenti, un contesto internazionale articolato e inedito anche per le note competenze professionali delle nostre forze di polizia. Con il pensiero rivolto al Papa che si è speso per la Pace e la non violenza, ricordo la lezione del grande politologo Norberto Bobbio che evidenziò le radici comuni della non violenza tra destra e sinistra. Per stimolare una riflessione costruttiva su un tema divisivo, faccio riferimento a Giovanni Sartori che commentò l’analisi del libro di Bobbio su “Destra e Sinistra”, in cui il filosofo evidenzia che la coppia di finalità eguaglianza-diseguaglianza è la distinzione più valida tra sinistra e destra. Successivamente, analizzò entrambi i termini alla luce della coppia di mezzi violenza-non violenza, ottenendo così quattro campi: quello della sinistra democratica che persegue l’eguaglianza con mezzi pacifici; quello della sinistra di tipo stalinista che persegue l’eguaglianza con la violenza; quello della destra democratica che persegue un modello di società con mezzi democratici; quello della destra estrema o fascista, che impone la gerarchizzazione con la forza.
Nel sintetico schema c’è sì la distinzione di fondo tra sinistra e destra, ma anche l’accumunarsi della sinistra e della destra non violente nel rispetto dei principi democratici e dei diritti civili. Per discutere di legalità, pace, sicurezza e giustizia, in un mondo globalizzato, non si può prescindere da una visione sistemica riguardo alle scelte per la risoluzione dei problemi, che non possono essere contenute in una visione provinciale avulsa dalle dinamiche del mondo. Perché, mai come nel sistema sicurezza, questo è vero, le radicalizzazioni dei conflitti sono le mancate risposte alle sofferenze dei cittadini e non solo entro i confini nazionali, che caricano di tensione proteste che di per sé sono già un momento di crisi.
La polizia interviene per arginare la deriva quando ogni dialogo è interrotto, e non sempre la crisi della piazza può essere risolta attraverso la ricerca del dialogo con chi manifesta, laddove dialogo e politica hanno fallito, o diversamente la manifestazione ha obiettivi politici e idee preconcette anche quando prive di valore nel merito. Quindi per discutere di sicurezza democratica bisogna accogliere il disagio dell’insicurezza vissuta dai cittadini ed essere aperti al dialogo. Che cosa significa? È molto semplice, esiste un modo democratico per ripristinare la legalità violata? Esiste un metodo democratico per ripristinare l’ordine pubblico violato da devastazioni e saccheggi? Se la risposta è e deve essere affermativa, le modalità di intervento della polizia vanno analizzate in un’ottica sinergica e interistituzionale, e non ipocritamente lasciate fuori dal contesto complessivo in cui sono state adottate. La responsabilità dell’analisi di ciò che è democratico e del modo di operare dei poliziotti e ciò che non lo è, né mai potrà essere autenticamente democratico non può essere giudicato a posteriori ma a priori, contestualizzando l’agire dei poliziotti che hanno il compito di ripristinare la legalità violata e respingere la violenza.
La stagione che viviamo è densa di conflitti e contrapposizioni, come dimostrato anche nei dibattiti seguiti alla morte del nostro Santo Padre Francesco, guerre, terrorismo, genocidi, disuguaglianze, scontro tra i poteri dello Stato e conseguente debolezza dei pubblici poteri e l’offuscata credibilità della giustizia, favoriscono il senso d’impotenza dei cittadini. I conflitti sociali il cui substrato sono le diseguaglianze e le ingiustizie, ma non solo, degenereranno con violenza come accaduto in Francia, e quindi va evitata la paralisi di forze di polizia fatte vivere nell’incertezza dei giudizi sul loro operato, giudizi comodamente postumi e decontestualizzati dagli eventi. Contraddizioni di una malintesa modernità costruita su diritti sempre più effimeri più che sulle risposte ai bisogni. Sono alcune delle ragioni per cui è necessario un confronto, a cui le forze democratiche del paese non possono e non devono sottrarsi, perché il lavoro dei poliziotti aiuta e supporta la coesione sociale e il vivere civile, e garantisce la fruibilità dei processi democratici. Vi pare poco?
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