L’ANALISI – La sfida delle 500 poltrone
di LUIGI TIVELLI
500 poltrone – Ebbene, se facciamo un po’ un conto a spanna larga, tra tutte le poltrone nei consigli di amministrazione, vertici delle imprese pubbliche e delle partecipate, e le poltrone, che si stanno accingendo a sostituire nei ministeri, di dirigente di prima fascia e addirittura di seconda fascia, grazie al sistema delle spoglie all’italiana (guarda caso introdotto nella seconda metà degli anni ‘90 dalla sinistra), arriviamo ad un numero vicino alle mitiche 4000 poltrone, in cui il Presidente USA, appena eletto, può insediare le sue donne e i suoi uomini di riferimento.
La presidente Meloni mette sempre in guardia dall’ “amichettismo della sinistra”, ma mi sembra costretta o indotta a praticare qualche forma di “amichettismo della destra”. Ovvio che, in assenza di adeguate previsioni normative sul metodo per la scelta dei designati e per l’occupazione di questo poltronificio, scattino non solo la logica di “tutti gli uomini e le donne del Presidente”, ma anche quella della lottizzazione. Soprattutto visto che insieme al partito della Meloni la maggioranza è composta anche dalla Lega e da Forza Italia. Ed un po’ di briciole (forse uno per ogni consiglio di amministrazione) bisogna regalarle al Pd o a Conte, che con silente furbizia si guarda bene dal criticare questi metodi, per accaparrarsi, così come ha fatto per la Rai, magari più poltrone del Pd. C’è, però, un aspetto che ben pochi considerano se si va a scavare nella saga che si apre per le nomine. Guarda caso, per il Presidente dell’ISTAT, giustamente, è prevista una selezione pubblica, che dura 90 giorni, sulla base di candidature di persone che hanno i requisiti. Almeno per i numeri e per le statistiche, un po’ di imparzialità e attenzione nella selezione infatti ci vuole.
A questo punto l’idea è questa. Ma perché non prevedere forme di selezione pubblica tramite la presentazione di candidature supportate da curriculum adeguati, anche per tutte le altre poltrone negli enti pubblici, nelle imprese pubbliche e nelle partecipate? In ipotesi il primo screening potrebbe essere affidato a qualificate società internazionali di cacciatori di teste, che esattamente fanno questo mestiere, proponendo di solito delle terne, per la selezione di molti vertici delle aziende private. Non è che siamo qui a fare dei moralismi da “libro dei sogni”. Ovviamente potrebbe capitare (e capiterebbe) che in queste rose di candidati autopresentatisi, ci siano figure e persone vicine alla destra di governo e la scelta conclusiva, poltrona per poltrona, verrebbe fatta dai titolari del potere di governo.
Ma questo metodo potrebbe favorire non solo un po’ di qualificazione media in più dei candidati, ma anche l’attuazione di quel principio del merito che, giustamente, il Presidente del Consiglio Meloni ha lanciato come sua bandiera sin dal discorso di insediamento alle Camere. La stessa Presidente Meloni potrebbe mettere così in riga anche i suoi partner di governo, favorendo la selezione di personalità con curriculum appropriato anche per quelle nomine che di fatto sono, oltre che in quota di Fratelli d’Italia, in quota Lega o Forza Italia.
Non siamo quindi, alla fin fine, al “libro dei sogni”, ma ad un libro che i cittadini potrebbero leggere ed apprezzare. Anche perché così finalmente si aprirebbe “il libro del merito”, superando sia quella sorta di “partitocrazia senza partiti” in cui siamo immersi, che il modello della lottizzazione. Una parola che purtroppo è stata la parola di maggior successo, pratica e diffusione tra quelle che ha inventato Alberto Ronchey.
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