La Serbia come gli Usa Seconda sparatoria in meno di 48 ore
Nuovo massacro in Serbia. Nella città di Mladenovac, a circa 60 chilometri da Belgrado, un uomo in macchina ha aperto il fuoco uccidendo otto persone e ferendone tredici in diverse località del Paese.
Dopo la sparatoria, effettuata con una pistola automatica nella tarda serata di giovedì, è fuggito nelle zone limitrofe ed è stato inseguito da 600 agenti di polizia, droni ed elicotteri. Arrestato vicino alla città di Kragujevac, è stato poi identificato con le iniziali UB.
Questa è la seconda sparatoria di massa in Serbia nel giro di due giorni, la seconda strage da arma da fuoco in pieno stile Stati Uniti che sconvolge il Paese balcanico.
Tutti i tredici ricoverati in ospedale sono giovanissimi, nati dopo il 2000. Due dei ragazzi sopravvissuti, rispettivamente di 21 e 23 anni, sono stati sottoposti a interventi chirurgici complessi e rimangono in condizioni critiche.
Bratislav Gašić, ministro degli affari interni, ha definito l’attacco “un atto di terrorismo” mentre il direttore dell’agenzia di intelligence BIA, Aleksandar Vulin, e il ministro della salute, Danica Grujičić, sono andati a trovare le persone ricoverate in ospedal: una ragazza che è stata colpita alla testa è ancora in pericolo di vita, e un ragazzo con lesioni spinali è anche lui in gravi condizioni.
Secondo il media locale Rts, il sospettato, un ragazzo ventunenne, ha sparato in un certo numero di villaggi intorno a Mladenovac, prima nel villaggio di Dubona, poi a Malo Orašje e Šepšin.
Un agente di polizia e sua sorella sarebbero tra le vittime di Malo Orašje.
È stato riferito che le sparatorie sono iniziate nella serata di giovedì in seguito a una discussione con un agente di polizia in un parco di Dubona.
Sebbene la Serbia sia piena di armi rimaste dalle guerre del 1990 e i Balcani siano tra le prime regioni in Europa per numero di armi pro capite, i cosiddetti “mass shooting” sono (erano) estremamente rari: quello di mercoledì scorso è stati il primo dal 2013, quando un veterano di guerra uccise 13 persone nel villaggio centrale di Velika Ivanča.
Le autorità, in seguito alla strage del 3 maggio, durante la quale un tredicenne ha fatto irruzione alla scuola di Belgrado Vladislav Ribnikar, uccidendo 9 persone e ferendo sei minorenni e un’insegnante, si sono immediatamente mosse per inasprire il controllo delle armi, mentre la polizia ha esortato i cittadini a tenere i propri fucili e le proprie pistole al sicuro, lontano dai bambini.
Come riporta la stampa locale, il governo serbo ha deciso di proporre una moratoria di due anni sul rilascio dei permessi per la detenzione e il porto di armi da fuoco corte (permessi per l’acquisto di armi e certificati) e di completare entro tre mesi la revisione di tutte le licenze rilasciate per il possesso delle stesse.
È stato inoltre deciso che, entro sei mesi, deve essere completato il controllo di coloro che hanno i permessi per la detenzione di armi, e in particolare dei requisiti legali per la custodia sicura.
Inoltre, si provvederà a verificare qualora le armi siano conservate separatamente dalle munizioni e se l’accesso da parte di minori e altre persone non autorizzate sia adeguatamente impedito.
Entro tre mesi poi è previsto il controllo di tutti i poligoni di tiro sul territorio nazionale, con verifica del regolamento sulle condizioni e modalità di utilizzo, compreso il divieto di accesso ai minori. “Serve una revisione di tutti i permessi concessi per il porto d’armi”: ha annunciato il presidente serbo Vučić che ha anche deliberato misure aggiuntive e pene detentive più aspre, fino a 15 anni per il possesso non autorizzato di armi da fuoco.
La tragedia ha scatenato un dibattito a tutto tondo sullo stato generale della nazione dopo decenni di crisi e conflitti le cui conseguenze hanno creato uno stato di insicurezza e instabilità permanente, insieme a profonde divisioni politiche.
Dopo la sparatoria, effettuata con una pistola automatica nella tarda serata di giovedì, è fuggito nelle zone limitrofe ed è stato inseguito da 600 agenti di polizia, droni ed elicotteri. Arrestato vicino alla città di Kragujevac, è stato poi identificato con le iniziali UB.
Questa è la seconda sparatoria di massa in Serbia nel giro di due giorni, la seconda strage da arma da fuoco in pieno stile Stati Uniti che sconvolge il Paese balcanico.
Tutti i tredici ricoverati in ospedale sono giovanissimi, nati dopo il 2000. Due dei ragazzi sopravvissuti, rispettivamente di 21 e 23 anni, sono stati sottoposti a interventi chirurgici complessi e rimangono in condizioni critiche.
Bratislav Gašić, ministro degli affari interni, ha definito l’attacco “un atto di terrorismo” mentre il direttore dell’agenzia di intelligence BIA, Aleksandar Vulin, e il ministro della salute, Danica Grujičić, sono andati a trovare le persone ricoverate in ospedal: una ragazza che è stata colpita alla testa è ancora in pericolo di vita, e un ragazzo con lesioni spinali è anche lui in gravi condizioni.
Secondo il media locale Rts, il sospettato, un ragazzo ventunenne, ha sparato in un certo numero di villaggi intorno a Mladenovac, prima nel villaggio di Dubona, poi a Malo Orašje e Šepšin.
Un agente di polizia e sua sorella sarebbero tra le vittime di Malo Orašje.
È stato riferito che le sparatorie sono iniziate nella serata di giovedì in seguito a una discussione con un agente di polizia in un parco di Dubona.
Sebbene la Serbia sia piena di armi rimaste dalle guerre del 1990 e i Balcani siano tra le prime regioni in Europa per numero di armi pro capite, i cosiddetti “mass shooting” sono (erano) estremamente rari: quello di mercoledì scorso è stati il primo dal 2013, quando un veterano di guerra uccise 13 persone nel villaggio centrale di Velika Ivanča.
Le autorità, in seguito alla strage del 3 maggio, durante la quale un tredicenne ha fatto irruzione alla scuola di Belgrado Vladislav Ribnikar, uccidendo 9 persone e ferendo sei minorenni e un’insegnante, si sono immediatamente mosse per inasprire il controllo delle armi, mentre la polizia ha esortato i cittadini a tenere i propri fucili e le proprie pistole al sicuro, lontano dai bambini.
Come riporta la stampa locale, il governo serbo ha deciso di proporre una moratoria di due anni sul rilascio dei permessi per la detenzione e il porto di armi da fuoco corte (permessi per l’acquisto di armi e certificati) e di completare entro tre mesi la revisione di tutte le licenze rilasciate per il possesso delle stesse.
È stato inoltre deciso che, entro sei mesi, deve essere completato il controllo di coloro che hanno i permessi per la detenzione di armi, e in particolare dei requisiti legali per la custodia sicura.
Inoltre, si provvederà a verificare qualora le armi siano conservate separatamente dalle munizioni e se l’accesso da parte di minori e altre persone non autorizzate sia adeguatamente impedito.
Entro tre mesi poi è previsto il controllo di tutti i poligoni di tiro sul territorio nazionale, con verifica del regolamento sulle condizioni e modalità di utilizzo, compreso il divieto di accesso ai minori. “Serve una revisione di tutti i permessi concessi per il porto d’armi”: ha annunciato il presidente serbo Vučić che ha anche deliberato misure aggiuntive e pene detentive più aspre, fino a 15 anni per il possesso non autorizzato di armi da fuoco.
La tragedia ha scatenato un dibattito a tutto tondo sullo stato generale della nazione dopo decenni di crisi e conflitti le cui conseguenze hanno creato uno stato di insicurezza e instabilità permanente, insieme a profonde divisioni politiche.
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