PRIMA PAGINA-La ricetta del centrodestra per favorire il tasso di occupazione
Il tasso di occupazione continua a crescere e ha recentemente fatto registrare un nuovo record. E il dato non riguarda il lavoro occasionale o precario, ma i contratti a tempo indeterminato. Il fatto che questo risultato sia stato ottenuto da un governo di centrodestra la dice veramente lunga sullo stato di salute in cui versa ormai da tempo la sinistra per la quale il diritto al lavoro è sempre stato un cavallo di battaglia, utilizzato a tratti come una clava nei confronti degli avversari politici. Quasi come se i partiti dello schieramento opposto, additati come nemici del lavoro e dei lavoratori, volessero invece disseminare povertà diffusa e precarietà a tutti i costi. Gli attuali dati sull’occupazione dovrebbero far ricredere gli strenui promotori di scioperi, proteste e di paventate rivolte sociali, sempre pronti a rendere il clima incandescente e a infiammare gli animi. Invece, in modo del tutto paradossale, accade esattamente il contrario. C’è da dire che alcune criticità persistono, su tutte quella relativa all’ammontare delle retribuzioni che restano su livelli decisamente migliorabili e all’occupazione femminile, ma non si può non tenere conto degli importanti passi avanti certificati dall’Istat. La strategia del governo, piaccia o meno, sta quindi inequivocabilmente pagando e chi vorrebbe a tutti i costi riproporre una sorta di lotta di classe in chiave contemporanea o non è obiettivo o, semplicemente, vive fuori dal mondo. Ancora oggi è, infatti, in atto un assurdo tentativo di contrapporre le ragioni del lavoro a quelle del mondo dell’impresa, ovvero di chi crea occupazione. In questo nostalgico immaginario, disegnato ad arte, ai lavoratori è stato fatto prendere il posto del proletariato e alle aziende quello della borghesia, senza però tenere in alcun modo conto del mutato quadro della società.
Per favorire la nascita di nuovi posti di lavoro, il centrodestra ha infatti seguito una ricetta risultata vincente. Si è investito sulle imprese, attraverso incentivi fiscali e con altre misure tese ad agevolare le assunzioni e questo sforzo è stato ripagato. Come ha detto Giorgia Meloni commentando gli ultimi rilevamenti Istat sul tasso di occupazione, si tratta di “dati che rappresentano un segnale molto incoraggiante. Sostenere le imprese che creano occupazione e ricchezza è la strada che abbiamo intrapreso e che continueremo a percorrere, perché è quella giusta per far tornare l’Italia a correre e ad essere competitiva”. Una linea inaugurata con successo già dai governi guidati da Silvio Berlusconi che alla luce di un’esperienza imprenditoriale di successo aveva le idee decisamente chiare su cosa serviva alle aziende per incrementare il proprio organico. Eppure, nonostante questa strategia abbia prodotto frutti assolutamente positivi c’è chi la contesta. A onor del vero, va detto che questo si è verificato anche contro Matteo Renzi in occasione del Jobs Act che, sempre attraverso la strategia di un sostegno alle imprese per incidere sui livelli occupazionali, era riuscito a ottenere dei risultati positivi. Ovviamente, trovandosi contro innanzitutto i sindacati e addirittura parte dello stesso Pd, evidentemente nostalgica degli in cui, con i loro governi, i posti di lavoro invece di aumentare diminuivano. La logica perversa alla base di queste posizioni è poi emersa con tutte le sue contraddizioni con l’arrivo del Movimento 5 Stelle al governo. Una parentesi nel corso della quale si era probabilmente deciso di far scomparire del tutto il lavoro. L’introduzione del reddito di cittadinanza ha infatti ottenuto l’immediato risultato di ingessare il mercato del lavoro e di rendere quasi sconveniente la ricerca di un’occupazione. Settori come, per esempio, quello della ristorazione sono stati messi in crisi dalla misura che ha anche stroncato il lavoro stagionale. E la conferma la si vede proprio adesso che si registra una inequivocabile inversione di tendenza avviata con le politiche attuate dal governo Meloni e con l’abolizione del reddito di cittadinanza che hanno determinato un aumento del tasso di occupazione.
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