Politica

La pretesa che il diritto di sciopero diventi un obbligo

di Giuseppe Ariola -

Sede Rai


E’ paradossale come chi alza vere e proprie barricate in difesa di diritti che considera intangibili vorrebbe poi trasformarli in doveri a proprio piacimento. E’ davvero tutto possibile se si passa dal sacrosanto – benché, c’è da dire, fortunatamente immotivato – ‘giù le mani dall’aborto’, inteso, appunto, come diritto e non certo come obbligo, alla pretesa che la totalità dei giornalisti Rai debba necessariamente aderire a uno sciopero di 24 ore. A parte che la Rai è un servizio pubblico, il che già di per sé rende quantomeno inopportuno uno stop, se anche legittimo, di un’intera giornata. Basta pensare a quando a scioperare sono i lavoratori del trasporto pubblico, locale e non, che sono comunque tenuti a garantire il servizio in alcune fasce orarie per non arrecare un danno eccessivo ai cittadini. L’Usigrai, il sindacato che ha indetto lo sciopero, parla addirittura di un tentativo di boicottaggio e di “spirito anti sindacale” da parte dei colleghi dell’Unirai che, invece, non hanno aderito alla protesta e che hanno in tal modo assicurato la regolare messa in onda di Tg1 e Tg2 e addirittura un’edizione straordinaria del telegiornale sul primo canale per l’incidente sul lavoro avvenuto a Casteldaccia. “Una grande prova di professionalità. Nonostante lo sciopero in corso” secondo il presidente dei senatori di Forza Italia, Maurizio Gasparri. Nel rivendicare la propria libera scelta di non aderire allo sciopero, i giornalisti iscritti all’Unirai hanno evidenziato come ieri sia stata “una giornata storica per la Rai” nella quale è “caduto un muro” e si è segnata “la fine del monopolio anche se qualcuno ancora fatica ad accettare la nuova realtà fatta di pluralismo anche sindacale”. Parole dure con le quali si invita “chi pretendeva di imporre la sua visione alla totalità dei giornalisti Rai” ed è, invece, “stato sonoramente sconfitto” a imparare quella che viene definita senza mezzi termini come una “lezione di democrazia”. “Serve accettare l’idea che esista un pensiero diverso. Serve meno arroganza e più rispetto per le idee di tutti”, chiosa la nota diffusa dall’Unirai, presa di mira per tutto il giorno dall’altra sigla sindacale dei cronisti del servizio pubblico. Insomma, i giornalisti Rai che hanno regolarmente lavorato non ci stanno a essere additati come ‘crumiri’ dai colleghi che hanno scioperato perché ritengono che l’azienda sia diventata “il megafono del governo”, evidentemente trascurando, al netto della veridicità di questa accusa, la lottizzazione che per decenni c’è stata del servizio radio televisivo pubblico a opera della politica. Una vera e propria spartizione delle tre reti ben nota a tutti e riconosciuta da qualsiasi politico e giornalista dell’epoca. Anzi, probabilmente, le continue accuse e polemiche degli ultimi mesi sono dovute proprio al persistere ancora oggi, dentro e fuori dai palazzi della Rai, di una mentalità figlia di queste dinamiche. Tant’è che la diatriba, ovviamente, non si è limitata allo scontro tra sindacati, ma ha investito anche la politica. Per la segretaria del Pd “Telemeloni nega anche il diritto allo sciopero, un principio costituzionale con la complicità dei vertici aziendali su precisi input politici”. Un’offesa decisamente grave rivolta non solo al governo, sospettato di telecomandare i cronisti e di avere avuto voce in capitolo addirittura sull’adesione a uno sciopero, ma soprattutto nei confronti degli stessi professionisti della Rai praticamente paragonati a delle marionette. Da Fratelli d’Italia è Fabio Rampelli a ricordare a Elly Schlein “che lo sciopero è un diritto costituzionalmente garantito altrettanto quanto quello di non scioperare. Non si capisce perché – aggiunge – mentre in tutti gli altri comparti il diritto di non aderire sia garantito, nella Rai dovrebbe essere negato”. I suoi colleghi in commissione di Vigilanza sulla Rai invitano poi la leader dem a rassegnarsi al fatto che “in Rai ormai c’è il pluralismo. Il tempo in cui la sinistra considerava questa azienda una proprietà privata è finito”.


Torna alle notizie in home