LA PASSIONARIA DEI DIRITTI DELLE DONNE
di Benedetta Basile
Nacque 141 anni fa Virginia Woolf, non solo importante scrittrice e saggista britannica, ma anche attivista in favore dell’emancipazione e dei diritti delle donne, tematiche che ovviamente incluse spesso nelle sue opere letterarie.
Adeline Virginia Stephen nacque a Londra il 25 gennaio 1882 dalle seconde nozze del padre, Sir Leslie Stephen, anche lui autore, storico e critico e della madre Julia Prinsep Jackson, entrambi rimasti precedentemente vedovi.
Il padre, considerato letterato di una certa fama, fece crescere i figli in maniera considerevolmente influenzata dalla società letteraria vittoriana e, come prescriveva la regola educativa del movimento, a Virginia non fu concesso di frequentare alcun istituto scolastico. La madre le impartì lezioni di latino e francese e il padre le consentì di leggere i libri che teneva nella biblioteca del suo studio.
Insieme al fratello Thoby, la giovane scrittrice mostrò subito le sue inclinazioni, dando vita a “Hyde Park Gate News”, un giornale domestico in cui scrivevano storie inventate.
Gli Stephen avevano una residenza estiva, Talland House, che guardava sulla baia di Porthminster. Le memorie e le emozioni che visse nel periodo di vacanza in quella tenuta furono molto significative per Virginia, che fu ispirata in seguito a scrivere una delle più grandi opere “Gita al faro”.
Nel 1985 Virginia fu colpita da un primo grande lutto, la morte della madre, poi toccò alla sorellastra Stella e nel 1904 al padre.
Una serie di eventi tragici che provocarono a Virginia il primo crollo nervoso.
Ma non furono gli unici.
Infatti in “Momenti di essere e altri racconti” la scrittrice rivelò che lei e la sorella Vanessa Bell subirono degli abusi sessuali da parte dei fratellastri George e Gerald Duckworth.
Questo spiegherebbe i frequenti esaurimenti nervosi, le crisi maniaco – depressive e i forti sbalzi d’umore che la portarono spesso a tentativi di suicidio.
Dopo la morte del padre si trasferì con la sorella a Bloomsbury, dove fondarono il primo Bloomsbury Group, un circolo intellettuale.
Nel 1905 iniziò a scrivere per il supplemento letterario del “Times” e nel frattempo conobbe alcuni letterari importanti che si fecero chiamare gli Apostoli: Bertrand Russell, Edward Morgan Foster, Ludwig Wittgenstein e il futuro marito Leonard Woolf, con cui si sposò nel 1912.
Pubblicò il suo primo libro nel 1915 “The Voyager Out”.
Insieme ai fratelli Thoby e Vanessa si trasferì in Gordon Square, dove diedero vita al “Bloomsbury Set” insieme agli “ex Apostoli” che dominò per oltre 30 anni la cultura e la letteratura inglese. Nacquero così le serate del giovedì in cui si discuteva di politica, lettere e di arte.
Virginia, ispirata da questo clima intellettualmente elevato, iniziò a dare ripetizioni serali alle operaie e si avvicinò molto alle “suffragette” (attiviste del movimento di emancipazione femminile).
Dopo aver scritto il suo primo libro, però, nel 1913 cadde nuovamente in depressione e tentò il suicidio.
Per ridarle speranza e fiducia il marito le propose di aprire un’impresa editoriale, la Hogarth Press, che pubblicò non solo per la stessa Virginia, ma anche tagli altri per Italo Svevo e Sigmund Freud.
Nel 1919 pubblicò “Kew Gardens” e “Notte e giorno”, nelle sue opere successive come “Gita al faro” e “La Signora Dolloway” iniziò a dotare i suoi personaggi di una profonda analisi psicologica e ad utilizzare il “flusso si coscienza”: essendo attivista all’interno dei movimenti femministi per il suffragio delle donne, spesso riflettè nelle sue opere sulla condizione femminile, come “In una stanza tutta per sé” del 1929 e “Le tre ghinee” del 1938.
Nel romanzo “Orlando”, invece, trattò in modo più approfondito il lato sentimentale, ispirandosi alla sua storia d’amore con Vita Sackville – West.
“Tra un atto e l’altro”, che pubblicò nel 1940, fu la sua ultima opera: la Gran Bretagna era in guerra e le crisi maniaco depressive della scrittrice divennero sempre più frequenti e violente. Così il 28 marzo 1941, all’età di 59 anni, si riempì le tasche di sassi e si lasciò annegare nel fiume Ouse nel Sussex.
Adeline Virginia Stephen nacque a Londra il 25 gennaio 1882 dalle seconde nozze del padre, Sir Leslie Stephen, anche lui autore, storico e critico e della madre Julia Prinsep Jackson, entrambi rimasti precedentemente vedovi.
Il padre, considerato letterato di una certa fama, fece crescere i figli in maniera considerevolmente influenzata dalla società letteraria vittoriana e, come prescriveva la regola educativa del movimento, a Virginia non fu concesso di frequentare alcun istituto scolastico. La madre le impartì lezioni di latino e francese e il padre le consentì di leggere i libri che teneva nella biblioteca del suo studio.
Insieme al fratello Thoby, la giovane scrittrice mostrò subito le sue inclinazioni, dando vita a “Hyde Park Gate News”, un giornale domestico in cui scrivevano storie inventate.
Gli Stephen avevano una residenza estiva, Talland House, che guardava sulla baia di Porthminster. Le memorie e le emozioni che visse nel periodo di vacanza in quella tenuta furono molto significative per Virginia, che fu ispirata in seguito a scrivere una delle più grandi opere “Gita al faro”.
Nel 1985 Virginia fu colpita da un primo grande lutto, la morte della madre, poi toccò alla sorellastra Stella e nel 1904 al padre.
Una serie di eventi tragici che provocarono a Virginia il primo crollo nervoso.
Ma non furono gli unici.
Infatti in “Momenti di essere e altri racconti” la scrittrice rivelò che lei e la sorella Vanessa Bell subirono degli abusi sessuali da parte dei fratellastri George e Gerald Duckworth.
Questo spiegherebbe i frequenti esaurimenti nervosi, le crisi maniaco – depressive e i forti sbalzi d’umore che la portarono spesso a tentativi di suicidio.
Dopo la morte del padre si trasferì con la sorella a Bloomsbury, dove fondarono il primo Bloomsbury Group, un circolo intellettuale.
Nel 1905 iniziò a scrivere per il supplemento letterario del “Times” e nel frattempo conobbe alcuni letterari importanti che si fecero chiamare gli Apostoli: Bertrand Russell, Edward Morgan Foster, Ludwig Wittgenstein e il futuro marito Leonard Woolf, con cui si sposò nel 1912.
Pubblicò il suo primo libro nel 1915 “The Voyager Out”.
Insieme ai fratelli Thoby e Vanessa si trasferì in Gordon Square, dove diedero vita al “Bloomsbury Set” insieme agli “ex Apostoli” che dominò per oltre 30 anni la cultura e la letteratura inglese. Nacquero così le serate del giovedì in cui si discuteva di politica, lettere e di arte.
Virginia, ispirata da questo clima intellettualmente elevato, iniziò a dare ripetizioni serali alle operaie e si avvicinò molto alle “suffragette” (attiviste del movimento di emancipazione femminile).
Dopo aver scritto il suo primo libro, però, nel 1913 cadde nuovamente in depressione e tentò il suicidio.
Per ridarle speranza e fiducia il marito le propose di aprire un’impresa editoriale, la Hogarth Press, che pubblicò non solo per la stessa Virginia, ma anche tagli altri per Italo Svevo e Sigmund Freud.
Nel 1919 pubblicò “Kew Gardens” e “Notte e giorno”, nelle sue opere successive come “Gita al faro” e “La Signora Dolloway” iniziò a dotare i suoi personaggi di una profonda analisi psicologica e ad utilizzare il “flusso si coscienza”: essendo attivista all’interno dei movimenti femministi per il suffragio delle donne, spesso riflettè nelle sue opere sulla condizione femminile, come “In una stanza tutta per sé” del 1929 e “Le tre ghinee” del 1938.
Nel romanzo “Orlando”, invece, trattò in modo più approfondito il lato sentimentale, ispirandosi alla sua storia d’amore con Vita Sackville – West.
“Tra un atto e l’altro”, che pubblicò nel 1940, fu la sua ultima opera: la Gran Bretagna era in guerra e le crisi maniaco depressive della scrittrice divennero sempre più frequenti e violente. Così il 28 marzo 1941, all’età di 59 anni, si riempì le tasche di sassi e si lasciò annegare nel fiume Ouse nel Sussex.
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