La palpata del bidello: un trauma di dieci secondi
di LINDA DE ANGELIS*
Se un toccamento dei glutei di una minorenne di 15 anni, che si realizzi breve e repentino tra i cinque e i dieci secondi e in luogo pubblico, “non consente di configurare l’intento libidinoso o di concupiscenza richiesto dalla norma penale” del bidello denunciato per aver compiuto tale atto, è opportuno chiedersi se dieci lunghi secondi non siano invece sufficienti a strutturare un trauma psicologico in chi tali atti li subisce.
E la mia risposta non può che essere affermativa.
Una palpata di dieci secondi basta per un trauma: la storia del bidello
Al di là di qualsiasi intento scherzoso da parte dell’ausiliario scolastico, una ragazzina di 15 anni a cui vengano deliberatamente infilate le mani nei pantaloni e sotto agli slip, toccando una zona erogena come i glutei, senza alcun tipo di consenso, indipendentemente da quanto ciò perduri in termini di secondi, significa nei fatti violarne la sfera intima, emotiva e psicologica, oltre che quella fisica.
Peraltro, quando simili atti vengono realizzati ad opera di quelle che a vario titolo rappresentano figure di riferimento nell’età del neurosviluppo, come nel caso per l’appunto del bidello nell’istituzione-scuola, il vissuto emotivo si aggrava del peso della fiducia tradita da parte dell’adulto agli occhi del soggetto più giovane (e fragile), causando confusione e smarrimento.
Comportamenti altrui più o meno esplicitamente riconducibili a natura sessuale, ovvero atti libidinosi e che arrivano improvvisi da non potervisi opporre, in cui si è obbligati a subire gesti, parole o situazioni non dipendenti dalla propria volontà, possono comportare vissuti emotivi traumatici legati a paura, rabbia e vergogna, più o meno pervasivi anche in ragione delle risorse, della personalità e del momento di vita in cui si trova la persona quando si verifica l’evento.
Simili vissuti possono comportare ripercussioni potenzialmente anche molto significative sul funzionamento complessivo di chi li esperisce.
Lo shock che può derivarne può innescare meccanismi di autodifesa in cui la mente, per proteggersi dalla portata emotiva degli eventi che potrebbe non riuscire a sopportare, si scinde, rimuovendo il ricordo, congelando le emozioni, frammentando quel nucleo più intimo che dovrebbe tendere all’integrazione e che è rappresentato dal vero Sé di ognuno di noi.
I diversi meccanismi di autodifesa che mettiamo in atto quando abbiamo bisogno di proteggerci hanno spesso un costo molto elevato, che è per l’appunto quello di finire scollegati da noi stessi, dalle nostre emozioni e dagli altri.
Restando in attesa degli esiti dell’impugnazione alla data di ieri e senza entrare nel merito della logicità giuridica alla base della decisione del giudice, se la quinta sezione penale del Tribunale di Roma ha in prima istanza assolto il bidello sessantaseienne dall’accusa di violenza sessuale, appare ragionevole chiedersi, da un punto di vista clinico sulla tutela psicologica di chi subisce tali atti, se e quanto rischioso possa essere aver valorizzato l’elemento temporale in questa vicenda.
Serve forse un cronometro per stabilire se ci è stato causato un danno da trauma? Credo fermamente di no.
*Psicologa clinica.
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