La nomina di Fitto, sberla europea alla sinistra
Forse paga imporsi a Bruxelles, difendere le proprie ragioni, portare i fatti invece che vuote parole (e slogan elettorali). Forse paga non presentarsi sempre con il piattino in mano da yes man che applicano alla lettera i diktat (spesso scollegati dalla realtà, come quelli sulle follie green) dei tecnocrati della burocraticissima Ue, ma dire no quando serve. Nella pedagogia vengono definiti i “no che aiutano a crescere”: la Ue non è una neonata ma ancora non si può definire “grande e grossa”. Certi no forse la faranno crescere meglio, in sintonia con le istanze reali dei cittadini europei, capace di intercettare le esigenze al di là delle ideologie e dei “teoremi” programmatici da applicare senza tenere conto degli effetti della cosiddetta messa a terra. Se è tutto vero quello che ha anticipato l’autorevole quotidiano tedesco Die Welt, la posizione italiana nell’Ue, il coraggio di non accodarsi a chi non vuole cambiare e confida nell’usato sicuro (come la maggioranza Ursula 2.0, peraltro in barba alla volontà del popolo sovrano, espressa nelle urne), paga. Eccome. L’indiscrezione è una bomba (che lacererà le vesti di chi a sinistra ancora se non se le sia già strappate in un coro di lacrime per il successo del governo Meloni): l’Europa è pronta a riconoscere all’Italia il ruolo di rilievo che le spetta. Se prendiamo per vero quanto appreso da fonti interne alla Commissione Ue e riferito appunto da Die Welt, per il ministro Raffaele Fitto, candidato espresso dal governo Meloni per una casella di peso nella Commissione Ue, s’intravede all’orizzonte una carica ai vertici. Al ministro italiano per il Pnrr potrebbe essere affidata la vicepresidenza esecutiva con responsabilità legate all’Economia e, non a caso, al Piano di ripresa e resilienza. Come a dire: è così bravo a occuparsi di Pnrr in Italia che a Bruxelles vogliono che lo faccia per tutta la Ue. In applicazione (una volta tanto) della meritocrazia, il riconoscimento delle qualità di Fitto in materia è uno schiaffo sonoro e dolente per i grandi sconfitti delle ultime elezioni europee, i Macron e gli Scholz, che peraltro uno bravo come il nostro ministro non ce l’hanno. Senza alcuna pietà per le anime belle della sinistra europea, Die Welt sottolinea che “per la prima volta un populista di destra” avrà “una carica di vertice nella Commissione europea”. Ci piace porre l’accento sulla precisazione “populista di destra”, per distinguerlo da quelli di sinistra, sconfitti alle elezioni. Se confermata – a quanto pare la von der Leyen vorrà quattro vicepresidenti nel suo bis alla guida della Commissione – si tratterebbe di un’ottima notizia per l’Italia, un risultato prestigioso. Una botta devastante che arriva pochi giorni dopo le parole di Manfred Weber – leader del Partito popolare europeo, il primo nell’Europarlamento – dopo l’incontro con lo stesso Fitto, con la premier Giorgia Meloni e il ministro degli Esteri Antonio Tajani. Weber infatti si era mostrato più che ottimista sull’incarico di peso per il commissario italiano. Ribadendo il peso e l’autorevolezza oggettivi del nostro Paese nell’Europarlamento e nelle istituzioni Ue. I fatti insomma vincono sulle parole: non è una ricetta segreta, tutt’altro, è una full immersion nella realtà. Quella che manca a certa sinistra, compreso il Pd guidato da Elly Schlein, che rientrata dalle lunghe ferie estive (stava su Marte?) se n’è uscita su denatalità, occupazione e pensioni come una vera scappata di casa. E intanto zitto, zitto – anzi, Fitto, Fitto – il governo si prepara a passare all’incasso a Bruxelles.
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