La ‘ndrangheta fino a Milano: arresti e sequestri per 11,5 milioni
Colpo alla ‘ndrangheta. I militari del comando provinciale della Guardia di Finanza di Catanzaro, con la collaborazione del Servizio centrale investigazione criminalità organizzata (Scico), hanno dato esecuzione al decreto di fermo emesso dalla procura della Repubblica – Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, nei confronti di quattro indagati, a vario titolo, di associazione mafiosa, estorsione, usura, trasferimento fraudolento di valori e favoreggiamento alla latitanza. E’ stato inoltre disposto il sequestro preventivo d’urgenza di fabbricati, terreni, quote di partecipazione, complessi aziendali, ditte individuali e auto per un valore complessivo di circa 11,5 milioni di euro. Tra i beni sequestrati un villaggio turistico del Vibonese.
Sono state disposte perquisizioni locali e personali nei confronti dei fermati e di altri 14 indagati per concorso in associazione mafiosa. Le misure sono l’epilogo di una complessa indagine svolta dagli specialisti del Nucleo di polizia economico-finanziaria/Gico della guardia di finanza di Catanzaro e sono state eseguite nelle province di Vibo Valentia, Catanzaro, Reggio Calabria, Milano e Catania con l’impiego di oltre 100 finanzieri e l’ausilio di unità Antiterrorismo e Pronto Impiego e della componente aerea del Corpo.
Dalle indagini, secondo l’accusa, è emersa l’esistenza di un gruppo criminale, “riconducibile ad una consorteria operante nella provincia vibonese che, avvalendosi della forza di intimidazione che scaturiva dal vincolo associativo e delle conseguenti condizioni di assoggettamento e di omertà nel territorio, aveva acquisito il controllo di fatto di alcune note strutture turistico-alberghiere, tanto da condizionarne la gestione, soprattutto nella individuazione dei fornitori di beni e servizi nonché del personale da assumere”.
“La rilevanza delle aziende oggi poste sotto sequestro – fa sapere la procura di Catanzaro in una nota – è testimoniata da diversi collaboratori di giustizia, che, nel corso degli anni, hanno riferito di uno o più incontri avvenuti in questi alberghi, dopo gli attentati in cui persero la vita i magistrati siciliani Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, durante i quali esponenti siciliani di cosa nostra avrebbero proposto alla ‘ndrangheta calabrese l’adesione alla cosiddetta ‘strategia stragista’ portata avanti in quel periodo”. Secondo l’ipotesi scaturita dalle indagini, uno dei destinatari del provvedimento di fermo avrebbe favorito la latitanza di un pericoloso appartenente ad una nota cosca di ‘ndrangheta del reggino.
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