La libertà dei cittadini viene prima di quella di stampa
Il Consiglio dei ministri ha approvato il decreto legislativo che vieta la pubblicazione del testo dell’ordinanza di custodia cautelare finché non vengano concluse le indagini preliminari o fino al termine dell’udienza preliminare. Si tratta della modifica dell’articolo 114 del codice di procedura penale (divieto di pubblicazione di atti e immagini). Un provvedimento preso in adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni della direttiva europea. In sostanza, è una limitazione della libertà di stampa prevista anche (e soprattutto) a garanzia dei cittadini e degli stessi indagati, visto che l’ordinanza è in ogni caso un atto del giudice, terzo rispetto alle parti. È senza dubbio un importante passo avanti verso il garantismo. E potremmo dire, secondo un mantra che ha anche i risvolti del “meme” ironico: “Ce lo chiede l’Europa”. Invece, come i cagnoletti di Pavlov, le anime belle liberal, gli animi sinistri del Pd, del M5S, di Avs e compagnia brutta, blaterano di bavaglio alla libertà di stampa. Una reazione pavloviana appunto al comando impartito, come faceva il celebre etologo russo, da chi è dalla parte dei manettari, delle toghe rosse, della condanna a mezzo stampa. Eppure – non vogliamo fare i saputelli, ma ci sta – se andiamo a leggere la definizione della Treccani (sarà abbastanza autorevole per i professoroni scomodati dai giornaloni anti-governativi?), “Nella dottrina dello Stato costituzionale, liberale e democratico, la libertà di stampa rappresenta una delle manifestazioni fondamentali della libertà individuale. Essa, oltre a consentire la libera espressione del pensiero e quindi il dibattito pubblico su qualsiasi argomento, permette anche ai cittadini di ‘controllare’ l’operato del potere. Nella Costituzione italiana è garantita dall’art. 21, 1° comma”. E cosa dice la Carta costituzionale al punto indicato? “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”. E poi aggiunge: “Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume”. Stiamo parlando di un concetto che a che fare con la moralità pubblica, l’offesa al pudore e all’onore sessuale. Ricapitolando: una democrazia degna di questo nome non limita la libertà d’espressione o di stampa, perché farlo è antidemocratico. Così come è diritto dei cittadini essere informati su quello che fanno le istituzioni, grazie ai “cani da guardia” del potere, secondo la definizione di chi il giornalismo moderno l’ha inventato. È però vietato pubblicare ciò che va contro il buon costume. Figuriamoci dunque se è permesso pubblicare qualcosa che può distruggere anzitempo la reputazione di un onesto cittadino solo perché indagato. Peraltro secondo la Costituzione non si deve, è vietato: si è innocenti fino a sentenza definitiva. Lo “spiegone” dunque ci fa arrivare al punto: la libertà di stampa non c’entra niente con il divieto di pubblicare documenti che troppo spesso sono stati strumentalizzati per i processi mediatici, per condannare senza appello un cittadino in custodia cautelare con le indagini in corso e in attesa dell’udienza preliminare. Un cittadino che per la legge e per la giustizia è ancora al 100% innocente. Ma che certi giornali linciano pubblicamente da subito, influenzando l’opinione pubblica e fomentando i manettari. Il garantismo può e deve limitare la libertà di stampa, perché qui non è in gioco il diritto dei cittadini ad essere informati ma il diritto dei cittadini indagati a non essere messi in croce senza uno straccio di prova. La libertà dei cittadini viene prima di quella di stampa.
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