Cronaca

La guerra dello Stato ai boss nei fortini di Roma e Napoli

di Rita Cavallaro -


La guerra dello Stato ai boss nei fortini di Roma e Napoli: i blitz a Caivano e Tor Bella Monaca.

Lo Stato colpisce ancora le roccaforti della criminalità e del degrado. Ieri le forze dell’ordine hanno fatto nuovamente irruzione nei fortini di Caivano, nel Napoletano, e di Tor Bella Monaca, una delle più grandi piazze di spaccio della periferia capitolina. E hanno arrestato non solo i boss che tengono ostaggio il quartiere, ma pure politici che, con quei capi della criminalità, avrebbero fatto affari. Tanto che il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano, in visita a quel Parco Verde che è diventato il simbolo della lotta del governo contro i boss, ha parlato di “pesanti infiltrazioni criminali nell’amministrazione comunale di Caivano”, emerse proprio nell’inchiesta che ieri ha portato la Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli a emettere nove fermi con le pesanti accuse di associazione di tipo mafioso, estorsioni aggravate dal metodo mafioso, corruzione ed altri delitti aggravati dalla finalità mafiose.

Tra gli arrestati ci sono appunto alcuni esponenti della precedente amministrazione comunale, come l’ex assessore di Caivano Carmine Peluso, l’ex consigliere comunale Giovanbattista Alibrico, l’esponente politico Armando Falco, il tecnico comunale Martino Pezzella e il dirigente comunale Vincenzo Zampella. Gli investigatori li accusano di aver fornito appoggio all’organizzazione malavitosa guidata da Antonio Angelino, ritenuto elemento di spicco del clan Sautto-Ciccarelli di Caivano e capo del gruppo Gallo-Angelino, arrestato a luglio scorso. È con lui che gli indagati avrebbero interagito, fornendo informazioni su lavori pubblici assegnati alle imprese e collaborando nell’aggiudicazione delle gare agli imprenditori vicini al clan. In cambio, il gruppo criminale avrebbe versato diverse mazzette ai funzionari, secondo l’ipotesi accusatoria che adesso dovrà essere sostenuta dagli approfondimenti investigativi.
In contemporanea all’operazione antimafia eseguita dai carabinieri tra Caivano, San Marcellino e Aversa, è scattato pure il blitz nel fortino dello spaccio di Tor Bella Monaca, a Roma, dove è stato sgominato il sodalizio criminale capeggiato dai boss Vincenzo Vallante e Pietro Longo, attivo in via dell’Archeologia, tra i civici 38 e 40. Nel corso dell’operazione, oltre ai due esponenti di spicco, gli agenti hanno arrestato in flagranza di reato 27 persone, con accuse che vanno a vario titolo dall’associazione finalizzata al narcotraffico alla detenzione e cessione di sostanze stupefacenti, dalla ricettazione alla detenzione e porto di armi da sparo, dalle lesioni aggravate al tentato omicidio aggravato dal metodo mafioso. Il blitz è il risultato di due anni di inchiesta, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia capitolina, scaturita l’8 settembre 2021 proprio dal tentato omicidio di due cittadini egiziani, raggiunti da sette colpi di pistola in un agguato all’altezza del civico 74 di via dell’Archeologia. A fare fuoco due soggetti, scappati a bordo di un’auto subito dopo gli spari, uno dei quali, gravemente indiziato del delitto, sarebbe proprio il boss Vallante. Il movente di quel raid sarebbe legato all’ambizione di giovani leve su quella porzione del territorio per il controllo dello spaccio di droga.

Le indagini hanno ricostruito le attività illecite portate avanti in via dell’Archeologia e accertato l’esistenza del clan, capeggiato da Vallante e Longo, i quali avevano messo a punto un violento sistema punitivo nei confronti dei sodali infedeli. Per gli inquirenti erano loro due a ordinare i raid e gli omicidi degli esponenti del gruppo, che era organizzato in una struttura piramidale con una ripartizione di ruoli e compiti ben delineati. Al vertice i due boss, poi una rete intermedia di capi piazza, responsabili della gestione dello spaccio e del controllo di pusher e vedette, l’ultimo anello della catena. Il tutto in un sistema collaudato che prevedeva l’utilizzo di cellulari intestati a prestanome e l’uso di un linguaggio cifrato al telefono, per depistare gli inquirenti in caso di intercettazioni.
Nel corso delle perquisizioni i militari hanno sequestrato 1.300 involucri di droga e alcuni libri mastri con la contabilità, che hanno permesso di delineare il giro d’affari della banda. Lo spaccio di via dell’Archeologia, garantito 24 ore su 24 per tutti i giorni della settimana, fruttava al gruppo criminoso introiti illeciti di circa 250mila euro al mese.


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