Editoriale

La guerra delle due Stelle (su 5)

di Adolfo Spezzaferro -


Dalla Guerra delle due Rose alla Guerra delle due Stelle. Una è quella cadente, del fondatore e oggi (ancora per poco) garante del Movimento 5 Stelle, Beppe Grillo. L’altra è l’astro nascente della nuova versione del M5S, sempre più partito vecchio stampo, Giuseppe Conte. Ormai è guerra totale tra il comico genovese e l’ex premier, anche se (per adesso) a colpi di lettere. Grillo appare sempre più alle strette, i suoi attacchi sembrano già colpi di coda: ha voluto esprimere pubblicamente tutta la sua rabbia per una lettera privata che Conte gli ha inviato negli scorsi giorni scorsi e ora le minacce diventano sempre più esplicite. Nella risposta ufficiale contenuta nella missiva, il presidente del M5S mette in dubbio “la legittimità e la concreta rilevanza giuridica” delle norme statutarie che affidano all’Elevato la “custodia dei valori fondamentali dell’azione politica”. Poi l’ex premier sferra un altro colpo, precisando a Grillo che questa sollecitazione non può trasformarsi in un “diritto di veto” o “addirittura alla inibizione della consultazione assembleare”. Anche queste regole possono essere soggette a “modifiche o revisioni da parte dell’assemblea”. La stessa Carta dei principi e dei valori dei pentastellati “è in astratto modificabile; così come è prevista dallo statuto la possibilità di modificare il simbolo”, avverte Giuseppi.

Ma il colpo di grazia arriva alla fine – in cauda venenum -: “Vorrei segnalarti che le tue reiterate esternazioni pubbliche stanno accreditando agli occhi della opinione pubblica una concezione ‘dominicale’ del Movimento, considerato che una singola persona – per quanto essa sia il meritevole ‘fondatore’ – pretende di comprimere il confronto deliberativo all’interno dell’associazione, contrastando in modo plateale il valore fondamentale che ha ispirato la nascita e lo sviluppo del Movimento stesso: il principio democratico e della libera partecipazione dei cittadini ai processi decisionali. Ti aggiungo – scrive Conte – che queste esternazioni sono del tutto incompatibili con gli obblighi da te specificamente assunti nei confronti del Movimento con riferimento sia alla malleveria sia ai contratti di pubblicità e comunicazione: ciò mi obbliga a valutare possibili iniziative dirette a sospendere l’esecuzione delle prestazioni a carico del Movimento derivanti dalla malleveria, e il recesso dai contratti di pubblicità e comunicazione”. Ora, al di là dello stile da avvocato, il succo è che Conte minaccia Grillo di non fargli più avere dal M5S i 300mila euro pattuiti. Lo colpisce al portafogli, come si suol dire. Ecco perché il comico genovese parla di ricatto. “Vogliono farmi fuori”, dice Grillo confidandosi con i suoi. E non ci vuole Nostradamus per affermare che il rischio concreto c’è eccome. Intanto – e pensare che lo slittamento non risenta del clima da “carte bollate” che si respira nel M5S è da ingenui – l’assemblea costituente prevista ad ottobre è rimandata a novembre. Prendere tempo forse servirà a risolvere la questione soldi tra i due leader che si delegittimano a vicenda, ma non a togliere dalla testa della base grillina e dei cittadini italiani che il M5S stia facendo la fine peggiore. Somiglia sempre di più a quei litigi sui figli tra le coppie che si stanno separando. Tutti dicono a buon diritto che non si sfruttano i figli per colpire il coniuge che si vuole distruggere. E invece questo stanno facendo Grillo e Conte: litigano sul mantenimento (300mila euro annui).


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