Esteri

LA GUERRA DEI CHIP

di Giovanni Vasso -


La Cina ha le materie prime. Gli Usa detengono le tecnologie. Lo scontro tra i mondi. La guerra dei chip è l’ultima, l’ennesima terra (rara) di frontiera contesa tra l’Aquila di Washington e il Dragone di Pechino. La globalizzazione ormai appartiene al passato. E il segnale dell’irreversibilità del processo sta proprio nello scontro tra cinesi e americani sull’alta tecnologia che passa (anche) dall’isola di Taiwan.
La portavoce del ministero degli esteri di Pechino ha suonato la campanella che annuncia l’inizio del nuovo round tra Cina e Stati Uniti. Mao Ning ha denunciato, citando il Financial Times, che Washington avrebbe proibito ai grandi player della Corea del Sud di “colmare il divario” del mercato in Cina se, e fino a quando, Pechino avrebbe vietato agli americani di Micron Technology di vendere i loro prodotti sul mercato cinese. Per il governo cinese si tratta di “una pratica tipica di bullismo tecnologico e di protezionismo commerciale”. Un atteggiamento che, per Mao Ning, “viola gravemente i principi di un’economia di mercato e le regole economiche e commerciali internazionali”. Secondo la portavoce del ministero degli esteri cinese, inoltre, le scelte americane minerebbero “la stabilità della produzione globale e delle catene di approvvigionamento, oltre a danneggiare gli interessi delle aziende di tutto il mondo”.
Non è la prima accusa che il governo cinese rivolge agli Stati Uniti. Solo pochi giorni fa, Wang Wenbin, anch’egli portavoce del ministero degli Esteri aveva lanciato siluri contro il neo protezionismo americano, inaugurato dalla Casa Bianca con l’Ira, l’Inflaction Reduction Act che formalizza la new wave economica occidentale: la produzione deve rientrare alla base, dopo decenni di delocalizzazione. E, in particolare, la Cina aveva denunciato le restrizioni imposte alle imprese Usa nel campo di semiconduttori, intelligenza artificiale e computer quantistici. “Il vero scopo degli Stati Uniti è quello di privare la Cina del suo diritto allo sviluppo e di salvaguardare la propria egemonia e il proprio interesse: è pura coercizione economica e prepotenza tecnologica, che viola gravemente i principi dell’economia di mercato e concorrenza leale, sconvolge gravemente l’ordine economico e commerciale internazionale e le catene industriali e di approvvigionamento globali”. Pechino
Mentre lo scontro si fa sempre più rovente, da Taiwan le imprese rivelano che, dopo la penuria di chip e semiconduttori che aveva condizionato il periodo immediatamente successivo alla pandemia Covid, ora è giunto il momento di “smaltire le scorte”. Le vendite, nel 2023, continuano a calare dopo che il 2022 s’è concluso con incassi d’oro per le major del settore. Tmsc, la più grande azienda produttrice nel mondo, ha registrato aumenti dei ricavi pari al 43%. Ma teme una contrazione dei volumi di mercato che potrebbero tornare col segno meno e ai volumi risalenti all’ormai lontano 2009. Non si tratta di mercato saturo, almeno non solo di quello. La Sia, infatti, ha spiegato di aver registrato un calo delle vendite pari al 20,7% a febbraio scorso. Si tratta del sesto mese di ridimensionamento consecutivo.
Sui dati peserebbe il rallentamento delle vendite di smartphone che è legato, a sua volta, all’imperversare dell’inflazione e, dunque, è dovuto al calo dei consumi conseguente la perdita di potere d’acquisto da parte delle famiglie. In Asia così come nel resto del mondo.


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