Carlo Calenda è intossicato da Twitter, ma talmente tanto che condivide tutto così in modo ossessivo-compulsivo, pur di commentare con irrefrenabile foga. Altrimenti non si spiega come sia possibile che il leader di Azione abbia abboccato all’emendamento-burla al dl anti-rave. Nella bufala fatta circolare sui social tanto per ridere, si specificava che la norma introdotta dal governo “si applica esclusivamente ai raduni con finalità ludico-ricreative, aventi ad oggetto la fruizione di musica non autoctona e il consumo di sostanze psicotrope”. Pavloviana la reazione del terzopolista: “Ma se sono rave illegali, non sono già illegali? E se sono illegali non si può semplicemente sgomberarli? Ufficio complicazioni pratiche semplici”, è il commento. Eppure nel finto emendamento c’era un indizio grosso come la cronologia dei tweet di Calenda: “Musica non autoctona”. Un chiaro sfottò alla sovranità musicale italica. Nell’impulso precox di twittare, l’ex Pd non ci ha fatto caso.