Editoriale

La forsennata corsa degli Usa e di Trump

di Giuseppe Ariola -


Avete presente la famosa storiella della gazzella che ogni mattina in Africa si sveglia e sa che dovrà correre più del leone? Ecco, è bene o male ciò che accade da questa parte del mondo da quando Donald Trump si è insediato per la seconda volta alla Casa Bianca. Ogni mattina in Europa un giornalista, un politico, un osservatore, una qualsiasi persona che semplicemente vuole tenersi informata, devono correre più velocemente di quanto fatto dal presidente americano durante le nostre ore notturne per riuscire a restare al passo con le novità che, a causa del fuso orario, si apprendono da oltreoceano con qualche ora di ritardo. Cambiamenti negli alti ranghi dell’amministrazione, complice uno spoil system tradizionalmente drastico negli Usa, espulsione degli immigrati, annunci di riviere a Gaza e promesse di scatenare l’inferno contro Hamas, ma anche sconvolgimenti sullo scenario economico globale, tra dazi e altre misure restrittive sull’import, ovvero le nostre esportazioni. E poi ordini esecutivi sulle cannucce in plastica – preferibili a quelle in carta riciclata che si maciullano in bocca, in barba a quell’ambientalismo ideologico e sfrenato che fa tanto rumore ma anche tanti danni – o attraverso i quali si tagliano i dipendenti e si limitano le assunzioni delle agenzie federali che d’ora in poi dovranno ‘collaborare’ con il Doge, il dipartimento per l’Efficienza governativa, guidato da Elon Musk. Ma anche improvvisate al Super Bowl, revoche di titoli e record agli atleti transgender, riapertura dei canali con il Cremlino, irruzioni sui futuri confini dell’Ucraina e sanzioni, anche finanziarie, inflitte a istituzioni sovranazionali come la Corte penale internazionale. Il tutto condito da minacce o annunci di acquisti, conquiste o annessioni di qualche parte del globo, dalla Groenlandia al Medio Oriente, passando per Panama. È il nuovo corso impresso agli Stati Uniti, per la seconda volta nelle mani di Trump, da un presidente deciso a incarnare il volto di un’America che vuole essere di “nuovo grande” e che, pertanto, deve correre e vuole farlo più degli altri, perché ama essere inseguita senza poter essere raggiunta per imporsi ancora di più su tutto e tutti, rimarcando distanze nelle performance e differenze nel potenziale, tra sparate propagandistiche, toni trionfalistici e accelerazioni improvvise. Ma questa America ama anche – anzi, forse soprattutto – inseguire. Proprio come la seconda metà della storia della gazzella, dove è il leone ad essere chiamato a correre più veloce della preda, per raggiungerla e sopraffarla. È questa la missione di Trump, in un mix di iperattivismo e della consapevolezza di doversi mostrare all’altezza delle aspettative del popolo che lo ha sostenuto e che vuole far svegliare ogni giorno il resto del mondo consapevole che l’America corre più velocemente. Nel bene e nel male.


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