Attualità

LA FILIPPICA – Se la scuola e gli ospedali diventano ring dove docenti e medici sono vittime

di Alberto Filippi -


Ormai è tutto un menare mani e piedi, negli ospedali, nelle scuole. Stavolta la trappola è per colpire il docente che fa il suo mestiere. Che cosa sta succedendo nella scuola italiana? “Se ti trovo fuori per te sono guai”. È la pesante minaccia di uno studente milanese 14enne, ripetente di terza media, verso il suo insegnante che gli chiede di non disturbare in classe per consentire ai suoi compagni di seguire la lezione. Genitori che picchiano i professori, studenti che passano a vie di fatto. Inevitabile che più di qualche insegnante abbia paura di tornare in cattedra. Ormai non si salva più nessuno. Sono definitivamente tramontati quei tempi in cui si aspettava il responso di un medico con il giusto rispetto, oppure in un pronto soccorso si era trepidanti per la prognosi di un congiunto. No, adesso se c’è un piccolo ritardo oppure c’è troppa ressa e tu ritieni di meritare la precedenza in base alla prognosi fai da te, se non vieni ascoltato vai al sodo: e meni. E che dire rispetto a una volta quando l’alunno se portava una nota a casa doveva sorbirsi il secondo tempo dei genitori che subito diventavano una Corte d’Appello, per non dire una Cassazione, e aggiungevano il carico, rinforzando la decisione dell’insegnante? Stavolta tocca al prof. Sergio Orlandi subire le angherie di un adolescente che è tutelato dalla legge per non finire con nome e cognome sul giornale, e decide di non castigare con una nota (o anche di peggio vista la minaccia urbi et orbi manifestata a parole in classe davanti ai compagni) l’alunno indisciplinato il quale serve il pasto della vendetta a distanza di qualche settimana. Succede quando incrocia il docente, che è anche un noto musicista jazz, per strada e nell’imboscata volano calci e schiaffi, fino a fratturare nientemeno che il naso e una mascella dell’insegnante, che di certo non pensava di subire l’imboscata per strada. Dopo un paio di mesi. Purtroppo tra il dire e il fare in questa occasione non c’è di mezzo il mare, ma la criminale determinazione di un ragazzo cresciuto in un ambiente per forza di cose borderline se aggredisce un docente per il solo fatto di avergli detto di stare zitto e di non disturbare i compagni. Cose dell’altro mondo. Purtroppo no, di una ordinaria maleducazione che sfocia nel codice penale se è vero, come nel caso del prof. Orlandi, che è costretto ad andare in ospedale dove gli riscontrano la doppia frattura. Comprensibile che abbia paura e che si sia rivolto ai carabinieri per denunciare il pestaggio. Se la scuola ha come missione la crescita dei discenti, che un tempo si intendevano come discepoli, per formare dei cittadini possibilmente probi, in realtà spesso ci troviamo al cospetto – come raccontano le cronache da molto tempo – di un sacco di ragazzi problematici perché hanno alle spalle famiglie a pezzi, molto spesso a geometria variabile, che non riescono a seguire i figli lasciati a nuotare nel mare in burrasca della vita senza un adeguato salvagente affettivo. Non conosciamo la storia del picchiatore del prof. Orlandi, non sappiamo quali provvedimenti prenderà la scuola; se il carcere ha come obiettivo costituzionale la rieducazione del reo, a maggior ragione la scuola dovrebbe fare di tutto per integrare non solo i ragazzi più indisciplinati, ma anche quelli che trasformano la vita in un bullismo al contrario, dove la vittima è l’adulto, infrangendo i codici. In questo caso l’aggressore si è fatto dare manforte da un complice, dopo avere atteso al varco il musicista che aveva appena finito la sua performance in un locale. Una pagina sconcertante, anche se ormai gli aggettivi si sono consumati da tempo per commentare questi fatti che testimoniano come la nostra società, alle prese con un’integrazione multietnica difficile, soprattutto nelle periferie (e non solo) delle metropoli e dei centri più piccoli, trasformano spesso le nostre scuole e il pronto soccorso dei nostri ospedali in un ring dove si menano mani e piedi.


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