LA FILIPPICA – La morte di Francesco scatena reazioni divergenti tra i potenti della terra
Ogni volta che muore un Papa, era capitato anche con Giovanni Paolo II, assistiamo al caloroso e straordinario abbraccio del popolo che attonito, spesso in lacrime, si mette in fila per ore per rendergli omaggio e per pregare davanti alla salma nella basilica di San Pietro.
L’uomo che diventa il Vicario di Cristo e che diventa punto di riferimento spirituale e morale per oltre un miliardo di persone; un uomo che come Francesco ha rappresentato, non solo per i fedeli del cattolicesimo e più in generale del cristianesimo, un punto di riferimento costante; sapeva parlare agli ultimi della terra ma anche ai potenti, con i quali non andava molto d’accordo visto che di fronte ai suoi appelli di pace non tutti hanno risposto presente: perché ci sono quelli che si trovano a loro agio impugnando la scimitarra per fare la guerra. Anche la politica nostrana si genuflette davanti al Papa che ci lascia.
Che lo faccia con genuino cordoglio oppure che ci sia un pizzico (o di più) di calcolo – insomma che riaffiorino i sepolcri imbiancati richiamati dal Vangelo – il trapasso terreno del Papa argentino è la riprova che quando un grande leader, un pastore universale d’anime muore lascia un vuoto anche in chi con lui non aveva grande affinità.
Mi ha colpito, in particolare, la presa di posizione netta del capo del governo israeliano Benjamin Netanyahu, che forse unico tra i leader occidentali, non ha spedito subito alcun messaggio di condoglianze. Non solo, dopo che i funzionari del ministero degli Esteri di Tel Aviv avevano postato la formula sui social del “Riposa in pace papa Francesco”, è arrivato il “contrordine compagni” e tutti si sono adeguati, cancellando il messaggio che non era approvato dalla presidenza del Consiglio. Solo a distanza di qualche giorno è stato corretto il tiro da parte di Tel Aviv. Il motivo è noto. Il sostegno di Francesco al martoriato popolo palestinese, dopo che peraltro il Papa aveva duramente condannato l’aggressione di Hamas ad Israele del 7 ottobre 2023. Eppure vasta eco aveva avuto la visita di Bergoglio a Gerusalemme undici anni fa, quando al Muro del Pianto aveva pregato anche per Israele. Chi ha cambiato radicalmente direzione, dopo le pesanti critiche del passato nei suoi confronti – del resto non poteva fare altro se non voleva inimicarsi il popolo argentino – è stato il presidente Javier Milei, il quale con onestà intellettuale ha scritto che “nonostante le differenze, averlo conosciuto nella sua bontà e saggezza è stato un vero onore”.
Di certo la morte di Francesco ha attivato la diplomazia del funerale, visto che sono state quasi 170 le delegazioni presenti alle esequie e ben 50 i Capi di Stato intervenuti a Roma, alcuni dei quali si sono incontrati. L’incontro tra Donald Trump e Zelensky sotto le volte di San Pietro è storia. Non tutti subito dopo le esequie sono saliti sull’aereo per far ritorno a casa. Tra i più attesi il presidente statunitense, che ha elogiato Francesco dopo averlo criticato in passato. Ecco perché ogni volta che muore un Papa, al di là del doveroso trasporto emotivo del popolo dei fedeli, si mette in moto la centrifuga mediatica che a volte può risultare stucchevole. Ma la voce di Bergoglio, che piacesse o meno per le prese di posizioni nette, è stata necessaria per interrogarci sul futuro dell’umanità.
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