PRIMA PAGINA – La fabbrica dei bambini: la truffa brasiliana
La fabbrica dei bambini, in una rete di test del dna di nessun valore scientifico e macumbe contro presunti neo papà. Sembra una fiction la storia che viene dal Brasile e coinvolge numerosi italiani benestanti, finiti vittime di un raggiro internazionale messo in atto da un santone brasiliano, una matriarca criminale, ragazze disponibili e medici compiacenti. Alla base del ricatto professionisti e uomini sposati in viaggio a San Paolo, l’incontro con giovani brasiliane e qualche serata di sesso. Il piano dell’associazione criminosa si compiva dopo qualche mese dal loro rientro in Italia. Quando l’amante occasionale contattava il malcapitato per comunicare di essere rimasta incinta. Ed ecco il primo degli elementi scioccanti: quel bambino che cresceva nel ventre della ragazza non era il frutto dell’unione occasionale con l’italiano di turno, ma era stato “fabbricato” con dolo, all’interno di quella che sembra a tutti gli effetti una setta. A capo del gruppo, infatti, la matriarca chiedeve al santone “l’Angelo” di fornire il suo seme al fine di mettere incinta le adepte, subito dopo il rapporto sessuale con l’italiano “cabra” (il “pollo”) benestante. Un laboratorio d’analisi di San Paolo certificava la gravidanza della donna, che quando contattava l’amante oltreoceano lo costringeva a farsi carico del bambino, sotto il ricatto di raccontare tutto alla moglie, ai familiari o al datore di lavoro. Quando le vittime chiedevano la prova che quel figlio fosse loro, ecco che dal cilindro della Genomic Sao Paulo veniva fuori il test del dna. Anche quell’esame genetico, però, sarebbe illegittimo. Lo sostiene l’avvocato Nunzio Bevilacqua, finito nella rete dei truffatori durante i viaggi effettuati in Brasile per alcuni progetti di internazionalizzazione. Tra San Paolo e Santa Catarina, tre anni fa, Bevilacqua aveva incontrato Barbara Zandomenico Perito, che l’aveva agganciato su un sito di apprendimento professionale di lingue e con la quale il legale aveva avuto sporadici incontri sessuali. Quando Barbara aveva informato il legale di essere il padre del bimbo che portava in grembo, Bevilacqua aveva chiesto la prova documentale di quella paternità. L’avvocato, che ora è la parte lesa nel caso giudiziario che, il prossimo 24 ottobre, potrebbe andare a giudizio, qualora il gip di Roma Elvira Tamburelli disporrà il processo, racconta: “Ho chiesto di fare il test del dna ai miei ex avvocati di fiducia, e loro, approfittando della mia minorata capacità di gestire in Brasile una cosa del genere autonomamente ed essendo divenuti inquilini all’epoca di Barbara Zandomenico Perito, diventata proprietaria assieme alla sorella di lei dell’immobile dove gli stessi lavoravano come studio legale, mi hanno indicato un sedicente laboratorio, questo Genomic di Sao Paulo”. Da lì l’incredibile scoperta. “Scopriamo con il mio avvocato responsabile per le investigazioni difensive in Brasile, Edson Ribeiro, che Genomic Sao Paulo non aveva in realtà nessun laboratorio di analisi”, svela Bevilacqua, “i materiali sarebbero andati addirittura in un altro Stato, a Uberlandia in Minas Gerais, e ad un altro e sconosciuto laboratorio Medgen Uberlandia, e dopo mesi tornati senza alcun dato di elettroforesi, per l’autenticità. Addirittura il primo senza neanche autenticazione della firma del supposto medico responsabile Juarez Ignacio”. E qui viene il bello. “Da una parte i miei ex avvocati, con qualche intuibile conflitto di interessi, prevedono la clausola, che ha dell’incredibile, per cui il dna negativo poteva ripetersi finché non usciva positivo, ma il positivo non ammetteva controprova, come a dire che il risultato doveva per forza essere positivo”, spiega il legale, “dall’altro il promotore di giustizia della Contea di Tubarao, Osvaldo Juvencio Cioffi Junior, dopo aver liquidato le perizie di illustri dottori di genetica internazionale come ’prassi di luoghi lontani dal Brasile’, come se la genetica fosse un’opinione regionale, senza avere nessun ragionevole dubbio su di un laboratorio che sappiamo da indagini non essere tale ed inoltre scelto dalla parte e non dal tribunale, tentava di ’impacchettare’ rapidamente una paternità, senza prova contraria, mettendo a segno una ’intestazione’ di un cognome ad una incolpevole bambina, quasi come fosse una missione da compiere”.
Insomma, un test falsato dalla rete di truffatori, in una sorta di magia, eseguita dalla matriarca del gruppo, di cui vi parleremo nella prossima puntata.
Torna alle notizie in home