La crisi di agosto
MATTEO SALVINI MINISTRO INFRASTRUTTURE, LA PRESIDENTE DEL CONSIGLIO GIORGIA MELONI
di EDOARDO SIRIGNANO
In pieno agosto anche i migliori amori possono finire o meglio sciogliersi come un gelato. Le distrazioni sono tante e il caldo, a più di qualcuno, gli ha dato alla testa. Un caso emblematico è quanto sta accadendo negli ultimi giorni in maggioranza, dove i docili alleati iniziano a chiedere il conto alla premier Giorgia, che non può più permettersi il lusso di fare la donna sola al comando. Il primo caso è quello del Carroccio.
Le ambizioni di Salvini e la battaglia dei sindaci su ristori e Pnrr
Il malcontento al Nord, con l’arrivo dell’autunno, sembra stia aumentando e quindi ogni scusa è buona per smarcarsi da una linea di governo, che allo stato favorisce i soli Fratelli d’Italia. Matteo di Palazzo Chigi ovviamente non può fare il primo passo. Ecco perché delega il fedelissimo scudiero Massimiliano Romeo a sfruttare la battaglia degli amministratori del Nord per smarcarsi dagli alleati e far capire alla solita Giorgia che ogni intesa ha un prezzo. “Servono – afferma a gran voce il capogruppo a Palazzo Madama – le risorse per ristorare le zone colpite dal maltempo. A tal fine stiamo sollecitando il ministro Musumeci. Allo stesso tempo occorrono più certezze sulle fonti di finanziamento alternative, su modalità e tempi dei progetti usciti dal Pnrr. Su questi temi siamo pronti a dare battaglia”. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e i ristori, pertanto, potrebbero essere la scusa per alzare la voce o meglio ancora per far valere quelle istanze che alla nazionalista Giorgia non piacciono così tanto. Un esempio è appunto la battaglia per l’autonomia, su cui fino a ora ci sono state solo belle parole. Rispetto a tale punto, il Carroccio chiede passi in avanti. Le europee sono sempre più vicine e i verdi devono mantenere gli impegni presi con la parte settentrionale dello stivale. Solo così torneranno a racimolare consensi. Altrimenti, da Trieste in Val d’Aosta, si dirà che si sono ancora venduti per qualche poltrona e questo è un lusso che chi porta il vessillo di Alberto Da Giussano non può consentirsi. A scoprire le carte, d’altronde, è proprio il presidente dei senatori leghisti: “Autonomia significa difendere a Roma i territori”. Questa è l’unica strada per riportare i salviniani ai fasti di un tempo. Qualche punticino rosicchiato nei sondaggi certamente non soddisfa Matteo, che sa benissimo che un tonfo a Bruxelles significherebbe la sua morte politica. Secondo Repubblica, la Lega perde un iscritto su tre e in Lombardia i tesserati sarebbero addirittura crollati del 44 per cento.
La crisi degli azzurri e gli extraprofitti
Chi deve sopravvivere a un periodo non semplicissimo è anche Forza Italia. Dopo la morte del Cav, gli azzurri non vivono certamente i loro giorni migliori. Più di qualcuno continua a dire che il ministro degli Esteri Antonio Tajani si sia venduto la creatura di Arcore alla Meloni che vuole trasformarla in una piccola corrente del grande partito conservatore. Ecco perché il neo coordinatore di Fi, dopo la morte di Silvio, chiede ai suoi di sfruttare qualsiasi occasione utile per differenziarsi da FdI. Un esempio è la tanto discussa battaglia sugli extraprofitti. Su questo punto, il titolare della Farnesina propone una proposta diversa da quella della maggioranza e chiede a Giorgia di escludere dalla tassazione quelle banche che non sono sotto il controllo della Bce, nonché rendere l’imposta deducibile e una tantum. C’è, poi, la questione alleanze continentali. Un partito alla base del Ppe certamente non può stringere patti con i sovranisti francesi e tedeschi. Possibile un modello Meloni, ma non certamente un polo che mette al margine i moderati. Ecco perché gli eredi politici di B. devono inventarsi qualcosa, dire la loro, battere i pugni sul tavolo, come riusciva benissimo al loro mentore. Altrimenti con un Pier Silvio lontano dai palazzi, sarà difficile mantenere unite le file dell’impero nato intorno a Fininvest.
L’accentratrice Giorgia
Le ultime uscite della premier, infine, non aiutano la maggioranza. L’intervista rilasciata al Corsera, a Repubblica e alla Stampa dal presidente del Consiglio, in cui dice a chiare lettere “il governo sono io”, non può trovare d’accordo alleati, che pur avendo compreso di non vivere il loro periodo migliore, certamente non sono disposti ad accettare una condizione di marginalità.
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